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C.1.1.17

il Lavoro Spirituale
Il Rinnovamento dell'uomo

Incontro n° 12 del 10 giugno 2009
Conversazione di Vittorio Mazzucconi, sul tema:
Il Lavoro Spirituale


Indice IL LAVORO SPIRITUALE

 

Nel dibattito sono intervenuti anche:  Giovanni Bonomo, Pat Sophie Graja, Gerardo Palmieri, Roberta Ribali, Paolo Manasse, Patrizia Gioia, Caterina Bazzani, Lorenza Franco, Gianni Castelli.

Vittorio Mazzucconi

Vi ringrazio molto per essere venuti. Siamo giunti all'ultimo incontro di questo Seminario, e devo dire che l’ho trovato un’esperienza molto bella da ogni punto di vista, sia personalmente come auto-centratura, come impegno a capire anche me stesso, sia come incontro con altre persone che ugualmente e in una certa misura mi hanno aperto il loro mondo, quindi come relazione, come cammino ispirato da questo intento che io chiamo “spirituale”- tra virgolette, perché, pur essendo la parola più importante che ci sia, essa viene usata spesso molto male - e poi è stato anche un'occasione di convivialità poiché, dopo tante conversazioni e scambi di idee, abbiamo fatto anche molte belle cene insieme.
Stasera doveva venire il professor Sequeri, che è Vice Preside della Facoltà di Teologia - io non ho una particolare relazione con la teologia, ma diciamo che Pierangelo Sequeri è una persona di grande apertura umana, di grande cultura, appassionato musicologo, si interessa anche di arte, e pensavo che avrebbe dato un apporto molto significativo al nostro lavoro - ma purtroppo è molto impegnato negli esami della Facoltà e non ce l’ha fatta ad essere presente. Allora. in quest’ultimo incontro, dovrò dirvi io qualche parola, approfittandone magari per fare un riassunto di tutto ciò che è stato fatto nel corso del Seminario.. L'ho fatto però anche la volta scorsa e non vorrei tediarvi. D'altra parte, mi sono anche  accorto che negli incontri precedenti - ho proprio dato un’occhiata stasera ai testi - ci sono frequenti ripetizioni. Riprendendo il discorso fatto una, due , tre…dodici settimane fa, vedo che dico sempre le stesse cose...! In fondo, il modo migliore in cui io posso interpretare questa ripetizione è di considerarmi come una campana che ripete sempre lo stesso suono, che continua a suonare lo stesso rintocco: e questo rintocco è proprio l’impegno preso con il nostro Seminario, cioè l'intento spirituale che secondo me è l’intento della vita, è l’intento di essere noi stessi, di capire la realtà e l’intento di esprimere con le nostre opere quello che noi captiamo dell'essenza spirituale dentro di noi. Il vero lavoro spirituale è quello dello Spirito, che incessantemente modella i mondi, attraverso l'opera di tutte le cose, di tutte le creature. Se noi uomini abbiamo un privilegio, è quello di essere stati invitati a lavorare nella vigna del Signore, ne siamo i braccianti, o alla meglio degli apprendisti che cercano di imparare, ognuno nel proprio campo, a fare qualcosa.
L'intento di questo Seminario ci indirizza ad una finalità molto alta, quella appunto dello Spirito. Che cosa sia lo Spirito nessuno lo sa - possiamo solo farcene delle idee generali, che sono state anche sviluppate in qualche modo nella discussione filosofica -  ma io, come bracciante, ho cercato di sperimentarlo nell'ambito del mio lavoro sulla città, sull'architettura, sull'arte, sia con la mia opera personale che con quella della mia  Fondazione. E’ in queste discipline che lo ho cercato, altri lo possono fare in altri studi, in altre forme di conoscenza, per esempio nella scienza, nella psicanalisi, nella letteratura, nella musica. Può darsi che in seguito faremo altri seminari aperti a queste o ad  altre discipline, però, per il momento, quello che posso onestamente offrire in questo convito a cui vi ho invitati è quello che ho prodotto io, lavorando il mio campo o, se volete, cercando di mettere a frutto i talenti della parabola.
E' per questo che stasera, in luogo di riassumere a parole e in modo teorico ciò che è stato fatto nel nostro Seminario, vorrei farlo con delle immagini. E’ la prima volta che proiettiamo delle immagini, anche se
alcune di esse sono già state esposte alle pareti, ma adesso devo di nuovo ritornare sul loro senso per una migliore comunicazione ai fini del lavoro del Seminario.
Ripercorriamone quindi insieme alcune tappe. 
Per chi viene stasera per la prima volta ricordo che ci sono stati quattro cicli di incontri, il primo dedicato alla città, il secondo all’architettura,  il terzo all’arte e il quarto alla filosofia. Quello sulla città fu chiamato “la Rifondazione della Città”. Il suo intento non era quello di elencare e discutere a fondo i problemi della metropoli contemporanea, né tanto meno di attardarci troppo sulla sua storia,  ma di lavorare su questa idea di rifondare la città. Noi viviamo in un mondo che è già pieno di città, che sta anzi diventando una smisurata città globale, ma mi sembra che se noi non la rifondiamo, cioè non ricominciamo da capo con lo sforzo di capire il senso vero della città, a immagine non solo della società che la modella ma dell'uomo, inteso come ideale, andiamo incontro a un aggravarsi sempre più drammatico delle condizioni del mondo.

Nota: per visualizzare le immagini proiettate cliccare sui link che, secondo i casi, si riferiscono alle relative Schede, o ad altri incontri, o alle pagine del nostro sito.
Per le opere indicate con un asterisco, le relative pubblicazioni sono disponibili nel nostro Bookshop

La Città a Immagine e Somiglianza dell'Uomo*

La prima immagine è la copertina del libro che ha questo titolo (vedi Incontro n. 3) e che ho scritto quarant'anni anni fa: non vorrei di nuovo ripeterlo suscitando il tedio in quelli che già lo conoscono, però un leit-motiv del libro e del Seminario è stato proprio la scissione tra ragione e sentimento,  fra umano e divino, che si è fatta particolarmente evidente nel nostro tempo, con l'intento che ci prefiggiamo di lavorare alla sua ricomposizione. . L'immagine di copertina del libro mi sembra che esprima molto bene l'incontro fra umano e divino e l'idea che esso si può realizzare nell'incrocio fra i due assi del mondo, il verticale e l'orizzontale, che ne esprimono l'essenza, e che sono anche le due braccia della croce, o i due assi ortogonali con cui si fondava in antico la città. Al di là del meraviglioso affresco di Michelangelo e anche del riferimento alle antiche città, mi riferisco al valore che questa idea di incrocio può avere in progetti reali e attuali, come vedremo più avanti. Sempre nello stesso libro, la prima immagine che si trova è quella di un altro affresco, di Giotto, in cui si vede un albero e San Francesco che parla agli uccelli. Perché metterla in un libro di urbanistica, che è una disciplina razionale e addirittura arida? Perché per me è un punto centrale che la ragione deve sempre svilupparsi in rapporto al cuore, al sentimento. Intendo per “sentimento”, magari impropriamente, non solo le nostre emozioni, ma il lato oscuro dell'essere, la natura, la vita inconscia dell'albero o quella di tutte le creature. E' quindi nel senso di una presa di coscienza di questa realtà e della sua integrazione con la ragione che bisogna ripensare la città e non solo. E' nell'integrazione, nell'unità riconquistata il senso della spiritualità che dobbiamo realizzare in noi stessi, non certo in un discorso teologico, ma in qualcosa che va al nostro cuore, che ci collega alla natura e a tutte le creature, e che in tutto sente la presenza di Dio, come faceva appunto San Francesco.
Nelle cose umane, e anche nella storia della città, si assiste invece alla separazione fra razionalità e sentimento. Per la prima, vediamo la città classica con il tracciato geometrico delle sue strade, le cui principali, il cardo e il decumano, si incrociavano nel Foro, dove sorgeva il tempio, il vero protagonista della città. Quindi l’organizzazione umana, razionale e politica era intimamente legata a questo incrocio e alla sua consacrazione..Vediamo poi la città medioevale, che si forma invece in modo spontaneo, come le nervature di una foglia, una cellula o una molecola, e anch'essa trova la sua centralità, questa volta non più nel tempio pagano, ma nella cattedrale. Sembrano cose ovvie, ma equivalgono esattamente al pensiero che abbiamo enunciato all’inizio, cioè che tutta la città, tutte le attività umane, sia quelle relative ad una forte organizzazione politica come poteva essere quella di Roma, sia quelle invece relative alla formazione spontanea della società medioevale, hanno avuto sempre come centro un luogo, un monumento consacrato al divino, collegando così la vita materiale a un intento di trascendenza.
Oggi noi l’abbiamo assolutamente perso:  i centri delle nostre città  sono centri commerciali, amministrativi, sono centri d’affari, e questo trovo che sia molto grave. Dobbiamo certo capire le tendenze del tempo che vanno in questa direzione, ma d'altra parte bisogna proprio combatterle, perché accanto a queste centralità di tipo, diciamo, materialista, venga di nuovo rimessa in onore la centralità vera che è l’anima umana, nelle forme in cui l’anima configura il suo rapporto con il proprio nucleo divino.

Venendo adesso a Milano, vediamo un'immagine, la pianta dell'antica Mediolanum. La città è certo molto cambiata da allora, la Milano romana è anzi completamente scomparsa, così come lo sarà un giorno quella di oggi, ma c'è qualcosa di perenne ed essenziale da osservare: se guardiamo il centro storico di Milano, che ha pressappoco una forma rotonda, esso ci appare come un seme, in cui si distinguono due parti, le  cotiledoni, e, fra di esse, lo spazio interstiziale. Tutti i semi sono fatti così, ci sono queste due parti laterali e poi c’è lo spazio interno in cui si forma e cresce invece la pianta. Infatti, guardando la pianta della città,  si vedono questi due lembi, che fra l’altro anche dal punto di vista morfologico non sono poi cambiati più di tanto e, fra di essi, lo spazio  centrale che dal Castello va alla Cà Granda  passando per l’antico Foro,  che è appunto lo spazio della vita della città nel tempo e che ha quindi subito le maggiori trasformazioni. E' anche lo spazio da cui  essa in qualche modo è uscita, per divenire la grande metropoli contemporanea..
E' proprio in questo spazio -  oltre le vicende storiche e le forme che ne sono risultate, io lo sento come un vuoto, come un grembo, come una potenzialità nascente -  che io propongo di realizzare l’Arca del Duomo, come nuovo momento di centralità civile e religiosa. 
Essa è un modo per ripetere il gesto del Vescovo Ambrogio, di quando egli fece centro nel cuore della città, tracciò un cerchio e lungo questo cerchio fondò le diverse basiliche, Sant’Eustorgio, San Simpliciano e diverse altre che sono ancor oggi in piedi. Questo cerchio, come potete vedere, non aveva nulla a che vedere con la forma della città, era una cosa altra, era una visione interiore, una misura spirituale, che è poi diventata la Cerchia dei Navigli, ed è essa che ha definito in qualche modo la vera misura di Milano, il suo nucleo, il suo cuore. Una misura che ci aiuta oggi a ritrovare il centro, della città e di noi stessi, con tutto il senso di una rifondazione, di una consacrazione, a cui l'Arca è dedicata. 

Aix-Etoile

Una seconda immagine riguarda il progetto Aix-Etoile per una nuova città vicino a Parigi (vedi Incontro n. 1 ), in cui ho potuto rappresentare quasi alla lettera questa dualità fra il sentimento, con le forme organiche che ne derivano e di cui sono un esempio le città medioevali, e la ragione, con l'impianto razionale tipico delle città greco-romane. L'area è stata quindi divisa in due parti, da un lato e dall'altro della ferrovia Paris-Lyon, progettando due piccole città, di cui ho poi sviluppato a fondo quella di ispirazione classica che vediamo nell'immagine.
Fare un piano urbanistico, creare una nuova città, rifondare la città, dovrebbe voler dire non solo un atto progettuale e amministrativo, ma un atto immaginativo, perché è l’immaginazione, la fantasia, la cultura, che ci portano a qualcosa di diverso dalle periferie o dai centri commerciali che vediamo in giro. Nel progetto, si racconta la storia di una vera città, il bisogno degli uomini di riunirsi, di organizzarsi, di coniugare la vita familiare alla vita organizzata, alla vita sociale; una città con dei quartieri e un centro, addirittura un Foro,  come nella città classica.
Guardando il modello, si legge un asse obliquo che stranamente si diversifica rispetto all'orientamento dell'insieme. Aprendo una parentesi per spiegarlo, ogni volta che io progetto un edificio a cui nel mio animo attribuisco un intento sacro, esso si orienta spontaneamente verso l’Oriente. Non so se voi sapete che tutti i templi, tutte le chiese si rivolgono verso l’Oriente, perché esso è il simbolo della vita, della nascita spirituale: il sole che sorge è la prima immagine del divino che ha colpito l’uomo fin dai tempi più antichi. Dove però, come nella nostra nuova città, l’orientamento reale era dettato da circostanze di tipo topografico, pratico, nasce il bisogno di ritrovare appunto l'orientamento spirituale est-ovest, disponendo lungo di esso da una parte la chiesa, rappresentata come una vela che è sospinta verso l'Oriente, e sul lato opposto, invece, il municipio o meglio la casa della comunità. Avevamo parlato prima della centralità del tempio nella città antica ma adesso vediamo che essa si è sdoppiata in due aspetti, uno, diciamo, laico e l'altro  religioso. Io vedrei l’urgenza di riportarli  a un’unità, non certo per propugnare una società confessionale, ma nel senso di ritrovare un rapporto fra ciò che si riferisce all'ordinamento sociale, alla legge, e quella che è invece l’ispirazione più profonda dell’uomo.  In questo progetto però, registrando quello che accade nella realtà,  i due momenti sono separati: la chiesa è rappresentata come una vela, che praticamente ha perso la sua barca, una vela che va da sola, un anelito spirituale che non ispira più la società, mentre la società, con l’altro edificio, è rappresentata invece come un’arca, l’arca di Noè...ciò la dice lunga sull'ottica apocalittica della mia interpretazione del mondo attuale.. Quindi la scissione tra momento spirituale e momento invece laico, porta, sempre secondo questa interpretazione, ad uno sfasamento totale  fra la spiritualità che va per conto suo, che non ha più radici nel mondo, e invece l’organizzazione civile dell’umanità che prelude a una crisi senza precedenti se non è più legata al senso religioso, come lo sarebbe un albero privato della sua radice.
Con questo si vede che, per fondare una nuova città, non solo bisogna fare un buon progetto, in un corretto quadro normativo, e neppure basta fare ricorso a un'immaginazione creativa o addirittura poetica, ma bisogna sapersi riferire a una sacralità, come consapevolezza e come atto fondativo.
Accanto a questa interpretazione, bisogna saper prestare la più grande attenzione alla vita della gente. Il  resto della città, oltre al Foro, alla chiesa e al municipio, è fatto di quartieri molto attentamente disegnati con delle strade che recuperano un senso di vita urbana, compresa l'utilità degli allineamenti commerciali, le case a misura d'uomo, la tutela della vita privata, gli spazi verdi interni ad ogni quartiere, le scuole ecc.

Avenue Matignon

Passiamo adesso a un’altra cosa: questo è un edificio fatto a Parigi, in Avenue Matignon, (vedi anche Incontro n. 4) nel cuore della città: l’idea di costruire un edificio nuovo in quel luogo era molto controversa, perché è un quartiere storico in cui la Soprintendenza esigeva non dico un rispetto dell’antico, ma una totale assenza di moderno, praticamente una conformità piatta, anche mimetica,. Comunque questo progetto, che è passato con immense difficoltà – ha suscitato l'opposizione di Ministri, il caso è arrivato perfino al Presidente Pompidou, ne hanno parlato i giornali ecc - è riuscito a portare a termine una piccola rivoluzione. Dopo esser stato giudicato come un atto dissacrante, un'offesa per l'antico, ha finito con l'essere celebratissimo e portato ad esempio dell'inserimento di un'architettura contemporanea in un contesto storico. 
Non è però per questo che ve lo faccio vedere, ma perché è accaduto molte volte nel corso del Seminario di evocare l’immagine dell’albero: per dire che quello che appartiene alla terra, alla radice, alla linfa che fa crescere l'albero è un conto, mentre quello che viene dal cielo, la luce, l’atmosfera, è un altro, e i due sono collegati dal tronco. In modo analogo, io non vedo opposizione tra un punto di vista materialistico e un punto di vista spirituale: il materialismo è come se mi parlasse della terra, della radice, e quindi va benissimo, è giusto che ci sia il tronco, attraverso cui sale la linfa vitale, ma mettiamo anche che il punto di vista spirituale in questa metafora sia invece la luce: senza il sole, senza la luce non ci sarebbe la fotosintesi clorofilliana, l’albero non vivrebbe. Ambedue le dimensioni sono necessarie, e il tronco è in qualche modo l’unione delle due. Il tronco è la nostra vita reale, la nostra vita di uomini: noi siamo il tronco attraverso cui sale la linfa di una profondità che appartiene alla tradizione, al passato, al sentimento, al cuore, alla nostra radice appunto, ma è anche vero che noi riceviamo dall’alto quello che viene appunto dallo spirito, cioè la luce, il sole, il dono della vita. E' in questa simbiosi che l’uomo si forma.
Questa facciata racconta un po’ questa storia, con una parte che viene dal basso e una che scende dall'alto, ambedue valide, ambedue in equilibrio. Materia e spirito? Si, ma anche il rapporto fra la storia di una civiltà, che oggi è come una rovina, e la civiltà nuova come queste verticali di cristallo che scendono, annunci del futuro. L'incontro fra materia e spirito, fra corpo e anima,  non è infatti un teorema astratto, ma si realizza nel presente, nell'hic et nunc, nell'identità, nella realtà di oggi . E dov’è che si crea quest’incontro? Non è casuale che si crei in una zona che in qualche modo è vicina all’idea di vuoto. E' cioè nel nostro cuore, se adesso passiamo dall’albero alla nostra costituzione di uomini, che il basso e l’alto si incontrano, e questo cuore appunto è un vuoto: da una parte il luogo del farsi, grembo di vita futura, e dall'altra una specie di cassa di risonanza di una musica che va al di là di quello che gli strumenti umani possono suonare.  

Les Halles

Ecco una mappa di Parigi, disegnata come una persona che guarda al suo cuore: un cuore vuoto! Era lo spazio delle Halles, i mercati generali di Parigi, un luogo pulsante di una straordinaria vita popolare, come potete immaginare. Ma da quando i mercati sono stati spostati altrove, demolendo anche i padiglioni di Baltard che li ospitavano, è rimasto questo vuoto nel centro della città. Fra le diverse proposte per recuperarne la vita, il mio progetto lo interpreta in un intento di rifondazione. Oltre a tanti aspetti che sarebbe lungo esplorare, colpisce l'edificio che pongo nel mezzo di questo spazio: una grande barca, anzi un'Arca, la mia prima arca che, tempo dopo, mi sono accorto essere una figlia legittima di Parigi, il cui stemma porta appunto l'immagine di una barca sulla Senna (l'Ile de la Cité è in un certo senso una barca ed ha anche una prua scolpita che la ricorda) Un aspetto misterioso di molti miei progetti è quello del rapporto con un monumento vicino in cui è presente l'identità del luogo. In questo caso è la chiesa di Saint Eustache, dalle cui proporzioni nascono quelle della mia Arca. Anche questa vuol essere un tempio, anche questa ha un significato sacrale.

L'Arca delle Nevi

La prossima immagine riguarda invece l’intervento in un altro luogo: qui non dovevo rifondare alcunché, ma dovevo solo sentire in me un rapporto di sensibilità, di risonanza interiore appunto, con un luogo magico: il cratere di un vulcano preistorico, che si è spento e riempito col tempo, per diventare una dolce prateria circondata dai frammenti del cratere, diventati oggi dei declivi e delle montagne rivestite di pini.
Qui ho costruito questo edificio, una sala polivalente di pattinaggio e animazione, nel contesto del centro di sport invernali in cui è stato trasformato questo luogo, e di cui ho progettato anche altri edifici. Ma per me, la sala è diventata un edificio sacro, come tutte le chiese si volge all'Oriente, e lo fa  con la sua “chiglia”....già, è anche una nave, un'arca: (vedi scheda L'Arca delle Nevi.)
Nell'immagine dell'Arca, vedete due curve, due gesti che si uniscono a una linea centrale e verticale, la chiglia, come delle mani giunte.  Lo stesso gesto lo vedete anche in questo quadro, che qui è appoggiato per terra. (Aurora 1990) A sinistra, c'è una figura oscura, di forte fisicità, mentre a destra c’è invece una figura aerea e luminosa. Le braccia di ambedue, come fossero il materiale e lo spirituale, si incontrano in questo gesto di unione e, non a caso, limitano anche la parte centrale del quadro, che è il nucleo, il vuoto. Ci sarebbero molte cose da dire su questo vuoto, anche a livello filosofico, religioso, psicanalitico.., che si ritrova nel cuore della mia opera, dal vuoto in cui trasformare il centro di Milano all'architettura e alla pittura. C'è poi una gestualità, che nel quadro si esprime in modo spontaneo, e in architettura richiede un processo molto più complesso, anche di tipo statico, ma risponde sostanzialmente allo stesso impulso.
Nel mio animo, io sento questo impulso come una preghiera. Le due parti dell’uomo, che abbiamo distinte in tutto il seminario come sentimento e ragione, fisico e spirituale, maschile e femminile, si unificano, in nome di un’istanza ascendente e trascendente. E' per questo che, nell'Arca, la la chiglia punta all’oriente.
Oltre a questo gesto, c'è nell'Arca il magico riferimento a qualcosa d'altro che è la luna: in fondo la barca che mi ha talmente ispirato in dozzine, se non in un centinaio di opere, è proprio la barca celeste, cioè appunto la luna, e ci sono dei poeti qui che capiranno quello che sto dicendo.

La nuova Agora

Questo è invece un complesso di edifici che ho fatto a Atene.  Esso doveva essere un centro commerciale e di uffici, lo è anzi, ma con un senso particolare che gli ho conferito chiamandolo  Nuova Agorà, ispirandomi a quella dell'antica Atene. Nell'Incontro n. 1  e nell'Incontro n. 4 ho già avuto modo di illustrare il progetto.
Ne accenno di nuovo qui perché stiamo parlando di questo tema della barca o della vela, che è espresso anche nel progetto di Atene. Non una cifra stilistica ma un pensiero ricorrente che va dall'idea del tempio a quella dell'arca di un imminente diluvio. E' infatti uscendo dall'interno dell'edificio - in cui si rievoca la cella sacra del tempio, sia pure alla rovescia e in chiave decorativa, come espressione, ahimè, della dissacrazione del nostro tempo - che si vede che il tempio diventa un'arca, in parte in costruzione e in parte come il relitto di un naufragio.(vedi Scheda Nuova Agora) E' un'interpretazione ... chiamatemi pure una Cassandra, ma io sono portato a vedere lo sviluppo del mondo in un senso “positivamente” apocalittico ... positivamente perché, come nella nostra vita la morte è necessaria, per porre un termine a un certo ciclo e aprire la strada a una nuova nascita, così accade nelle civiltà. Il peggio che augurerei a questa civiltà è di sopravvivere, con vari giochi politici, economici, amministrativi, indefinitamente, con una conservazione illimitata, con  una infinita e sterile rimasticazione della cultura, della storia, dell'arte, mentre invece le augurerei quello che accadrà: un crollo, un profondo rivolgimento, anche una catastrofe, perché in questo ci sarà la possibilità di un vero rinnovamento.

Spreeinsel

Qui siamo a Berlino. Il simbolo dell'antica Berlino è il Castello, castello che fu molto danneggiato durante i bombardamenti dell'ultima guerra e poi raso al suolo dal regime comunista con l'intento di sostituirlo con un edificio moderno ispirato ai nuovi valori della RDT . Adesso si è invece recuperato il senso dell'importanza di questa radice della storia tedesca e si è anzi deciso di ricostruire il Castello tale e quale. Quindici anni fa io avevo proposto di ricostruirlo come frammento, come rovina, confrontata invece con una nuova opera, un nuovo monumento ... ancora una volta, ecco un'Arca, ma un Arca che contiene in sé una specie di acropoli di cristallo. Al di là della distruzione e dei mutamenti politici, volevo rappresentare un mondo in costruzione e una nuova idealità, alta e civile, a cui riferirsi. (vedi scheda Arche 2)   

L'Arca della Conoscenza

Questa invece è la Beic, la Biblioteca Europea di Milano, un progetto che era molto basato sull'idea dell'Arca. Riguardandola oggi con voi, vorrei attirare la vostra attenzione sul lago che avevo proposto davanti a questo edificio, in cui si sarebbe riflessa l'immagine dell'Arca. (vedi scheda Arche 2) Quando ho fatto il progetto, non avevo pensato a un particolare significato per questo riflesso ma adesso mi sembra di capirlo: riflettere è conoscere, la conoscenza è proprio in sé un riflesso della realtà, ma la realtà è il vero, o non ne è forse solo una parte? La realtà e il suo riflesso conoscitivo formano in verità un insieme, una totalità, ed è essa che è il solo vero.

La Città Nascente*

Uno degli esempi più clamorosi delle mie proposte  di rifondazione di città è quello di Firenze, di cui si è parlato a diverse riprese nel corso del Seminario. Nella foto aerea del centro di Firenze, vedete l'Arno, a sinistra Santa Maria del Fiore, nel centro la Piazza della Repubblica. Le parti colorate in marroncino indicano tutto quello che è stato fatto fra fine ottocento e inizio novecento. Si è raso al suolo il centro medioevale della città per costruire un nuovo centro, sulla scia , anche se tardiva, della breve scelta di Firenze come capitale d'Italia.  Si sono costruiti edifici per le banche, le assicurazioni, le poste, nello stile pomposo del tempo. Guardando però più a fondo, si vede che, in questa stessa zona, c'era una volta l'antica città etrusco-romana, il cui tracciato è oggi ricostruibile proprio grazie ai lavori di scavo per la costruzione di questi brutti edifici. L'idea di rifondare la città si appoggia all'idea che sia possibile, come era stato possibile cent'anni fa, di sperimentare  oggi, di creare oggi, di fare nel nostro tempo un nuovo centro, non più per la Firenze capitale provvisoria di un' Italia appena riunificata, e neppure per una Firenze capitale oggi del turismo e del piccolo cabotaggio politico regionale.  Oggi occorre  pensare a Firenze come a una vera città dell'arte, una vera capitale della cultura, in un senso proprio universale, e quindi attrezzarla, svilupparla in modo da creare nel centro della città un campus universitario. Nel progetto di questo campus bisogna per prima cosa recuperare la radice, perché  l'educazione dei giovani è in primo luogo il prendereconsapevolezza della storia, della radice. In questa ideale rifondazione, si fa tabula rasa degli edifici esistenti di ben scarso valore (vi spaventate ma, quando furono costruiti cent'anni fa, non si dovettero forse demolire gli edifici precedenti?) si tracciano di nuovo gli assi fondamentali, il cardo e il decumano, che sono quelli della città romana, si ritrova l'antico Foro, si rimette in luce il podio dell'antico tempio, si ritrovano qua e là le tracce dell'antica città, e soprattutto si segue l'intento nuovo e perenne di una meravigliosa rinascita. Non è forse Firenze la città del “Rinascimento”? Nel centro del progetto, dove abbiamo ritrovato l'incrocio sacrale, disegniamo adesso questo edificio che è fatto di tanti ottagoni che si susseguono in forma di spirale, che è proprio il Fiore, la fioritura dell'antichissima anima di questa città. Non per nulla a due passi c'è Santa Maria del Fiore, questa idea del fiore è proprio insita in Firenze, “Florentia”era l'antico nome della città,  c'è proprio in essa questo senso di perenne fioritura, che io cerco di rendere di nuovo presente perché lo Spirito è sempre vivo, mentre sono morte o vanno morendo le sue tracce, e quello che non si può conservare o rinnovare completamente è condannato alla mummificazione o alla scomparsa.
L'immagine che vi mostro adesso è quella dell'Angelo dell'Annunciazione di Leonardo (vedi Incontro n. 4), che tocca con un dito il sacro incrocio da cui nasce la spirale. Essa si concreta, con  le sue prime volute,  nell'edificio del Fiore ma continua poi, invisibile,  nel resto del progetto, di cui suggerisce e anima le forme, fino ad andare virtualmente oltre, coinvolgendo tutta la realtà. Se si ritrova infatti in noi stessi il centro interiore, tutta la realtà può esserne trasformata. E' per questo che è stata richiesta la presenza dell'Angelo ....
Ci sono poi molti altri lati del progetto su cui non vorrei adesso divulgarmi. Possiamo solo vederne alcuni aspetti visualizzati, per esempio un angolo della Piazza della Repubblica, con gli attuali e incombenti edifici da cui appena esce (indicato in marroncino) la parte alta di Orsanmichele, mentre invece nel progetto se ne libera la vista completa. Si vede anche il fianco dell'edificio del Fiore, scoprendo in esso una forma generatrice dell'arca, un'arca che questa volta si fa portatrice dei tesori della civiltà. I monumenti fiorentini che si vedono nel disegno ma che nella realtà attuale non sono visibili dalla piazza, sono come portati da questo grembo, da questo cesto, da questa arca di salvezza. (vedi scheda La Città Nascente)
Ecco infine una foto d'epoca della vecchia piazza del mercato, prima della distruzione dell'ottocento, e una vista di come la piazza è oggi. Guardate come la vista del Duomo è sempre più nascosta, e come invece potrebbe essere liberata domani. Nel progetto si vede proprio come la sezione dell'edificio del Fiore, in basso, è esattamente l'immagine speculare del Cupolone. Anche qui, come nel progetto della Biblioteca di Milano, il reale e il riflesso suggeriscono una totalità, che è l'autentico e forse irraggiungibile verità. Anche l'ottagono che è così presente nell'architettura fiorentina, dal Battistero e dal Cupolone al Fiore, è un simbolo di totalità.
Nota: il progetto è illustrato nel libro “La Città Nascente” Edizioni Dedalo 1985, di Vittorio Mazzucconi, disponibile nel Bookshop della Fondazione

La Piramide del Palatino*

Questa è Roma. Anche per Roma ho qualche piccola idea profanante, anzi rifondante. Essa nasce dal Palatino, dove fu fondata la “città quadrata” di Romolo. Ritorniamo col pensiero alla mitica fondazione, quando  si tracciarono gli assi del sacro incrocio di cui vi ho parlato. La Roma di allora  è completamente scomparsa mentre, in suo luogo, si è sono sviluppate nel tempo nuove forme di abitato, con dei templi, alcuni palazzi e, infine, l'insieme dei palazzi imperiali, anch'essi scomparsi. Non so se  per caso, o per qualche occulta saggezza, la pianta dei palazzi imperiali si riporta a un centro che, secondo le mie riflessioni, è proprio il centro della Roma primitiva. Il mio intento è quello di ripartire da questo centro per sognare, evocare l'antica fondazione, e soprattutto perché essa sia nello stesso tempo una nuova, un impulso per il rinnovamento di Roma. 
Nelle immagini che vi mostro (vedi scheda La Piramide del Palatino)  si vede il Palatino visto dall'alto, con le rovine dei palazzi imperiali, e il plastico di una ricostruzione dell'antica Roma, Il nuovo edificio che io immagino è una piramide rovesciata il cui vertice si situa esattamente nel centro sacrale.
Anche questo è un progetto molto complesso, su cui non posso divulgarmi, ma vorrei solo metterne in evidenza l'intento fondativo, lo sguardo al passato che diventa creativo e non conservativo, e poi la compresenza, sempre, di due elementi: quello razionale, come può esserlo la piramide rovesciata, con la sua complessità concettuale, e poi l'elemento più femminile, più irrazionale, più poetico che è la vela in cui la piramide sembra evolvere e orientarsi.  Una cosa si trasforma nell'altra. La piramide diventa una nave, sospinta da una meravigliosa vela di marmo bianco, che come sempre si volge verso l'oriente, come sempre ha una vocazione spirituale, come sempre è un'arca.
Ripeto che sto presentando questi progetti nelle grandissime linee, solo per rendere più chiari i discorsi teorici fatti nelle ultime settimane, ma temo che le immagini siano ancora più complesse di quanto è stato detto. Per l'analisi approfondita del progetto ci vorrebbe molto tempo ma accennerò che esso  comporta anche la ricostruzione di una parte degli antichi palazzi. Dove l'architettura antica era modulare, è possibile ricostruirne degli aspetti, come i portici di cui, attraverso i frammenti ritrovati, conosciamo magari una campata. Possiamo così riportare alla sua originaria bellezza lo stadio dell'Imperatore, circondato di splendidi portici, pavimentandolo anche di marmo come un nuovo Foro, aperto ai giovani di tutto il mondo. Essi si ritroverebbero qui, nella sede della grande  università e del  museo a cui è dedicata la piramide. L''architettura antica ritornerebbe miracolosamente presente fra i giovani, non però in un senso conservativo, ma in quello di essere confrontata in modo drammatico alla modernità più audace. Quindi, quando io parlo di radici, di sentimento, non lo faccio certo in un senso pietistico, sentimentale, ma  perché so che da questa radice bisogna trarre la forza per far crescere un nuovo e grande albero. Già io guardo alla sua cima, cima e radice sono completamente unite, noi non guarderemo molto lontano, nella nostra vita, se non abbiamo il senso di questa profonda unità.

L'Arca del Duomo*

Veniamo a Milano. Questo progetto è l'ultima tappa del nostro percorso. Il disegno che mostro fa apparireche l'edificio dell'Arca, proposto per essere realizzato davanti al Duomo, è, come nel progetto per Roma, una piramide rovesciata,. Questo senso del rovesciamento è insito in tutta la mia opera:  è rovesciato l'edificio del Fiore nel nuovo centro di Firenze rispetto al suo Cupolone, è rovesciato il progetto urbanistico per Milano, con l'idea di un vuoto dove c'è la città attuale e di una città densissima dove c'è invece adesso la periferia o la campagna...ci sono cento altri esempi nei miei progetti di questo impulso, che non è assolutamente un impulso di profanazione o di provocazione, o qualcosa di rivoluzionario o anarchico. E' invece solo un rimettere le cose al loro posto, o almeno un indicare dove esso dovrebbe essere....Mentre la piramide antica, con la sua costruzione dalla base alla cima, si identificava col potere, la piramide rovesciata è invece qualcosa che parte dal cuore, dal centro interiore e disegna quindi un movimento di apertura, di espansione spirituale. Ecco quindi una prima indicazione di cos'è il “posto” giusto.
A parte questo, da dove è nata, in pratica, l'idea dell'Arca del Duomo? E' nata dalla facciata dello stesso Duomo. Potete iscriverci un quadrato, una losanga che, divisa in due, genera due triangoli: uno, nella parte superiore, che segue la forma della copertura a capanna, e l'altro, nella parte inferiore, che suggerisce l'idea della piramide sovesciata. Ho già avuto occasione di mettere in evidenza che essa, essendo la metà dell'intero, è proprio alla lettera un simbolo. Symbolon, in greco, vuol dire appunto metà, ma è una metà che, espandendosi in sempre nuovi significati, ambisce a diventare l'intero. Insomma è la nostra storia: noi siamo metà e vogliamo giungere all'intero ... tutto il movimento della civiltà e anzi di tutto il cosmo può essere compreso in questa luce.
La piazza attuale è piuttosto squallida, un contenitore senza senso. Non posso e non voglio adesso tediarvi con una descrizione del progetto, lo trovate su internet...volevo solo mettere in evidenza come un pensiero su questa piazza comincia anche in questo caso dal recupero della radice. Sotto il lastricato attuale ci sono dei frammenti, adesso incorporati nella metropolitana, dell'antica basilica di Santa Tecla. Il progetto prevede di rimetterli in luce, di creare una piccola zona archeologica, e di integrarla con tutto il disegno del perimetro della basilica, che fu distrutta proprio per realizzare la piazza. 
Se guardiamo adesso all'interno dell'Arca, essa  ha un piccolo messaggio per noi: è una specie di fiorire di spazi sovrapposti che, partendo dal punto più basso, giungono al più alto, che è orientato versooriente e quindi verso la facciata del Duomo. Quindi è proprio un racconto simbolico del cammino spirituale, che nasce nella profondità oscura del nostro essere e poi cerca gradualmente di salire fino a realizzare in noi il fiore, il Cristo, il Se.

Uno degli aspetti più impressionanti dell'Arca è infine la visione notturna, quando essa sembra una grande lampada di luce. Ciò va inteso in un senso spirituale, ma non bisogna per questo trascurare anche l'intento più pratico di fare dell'Arca un super-centro di informazioni, ben visibile nel centro della città, e un'icona dell'Expo. Un progetto che viene da lontano deve così giungere all'appuntamento con il presente, così come un intento spirituale deve realizzarsi hic et nunc, nella città reale.
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Ho così finito un discorso generale sulla città e sulla sua architettura, citando anche alcune mie opere, in quanto funzionali all'idea di rifondazione della città. Per completare l'iter del Seminario, di cui volevo oggi tracciare un riassunto, dovrebbe seguire un discorso sull' Arte come Cammino Interiore” a cui è stato dedicato il terzo ciclo dei nostri incontri, e infine quello sul ciclo successivo del “Rinnovamento dell'uomo”.
Nonostante la divisione degli argomenti, essi sono in realtà un tutt'uno: il cammino interiore è un cammino di rinnovamento, ossia della conoscenza di sé senza la quale un vero rinnovamento, quasi una rifondazione di noi stessi, non sarebbe possibile.
Ma l'ora è tarda e, prima di proseguire, vi invito a soffermarci un po' su questo tema della rifondazione, con un dibattito in cui avrete senz'altro molte cose da dire.

Dibattito

Giovanni B.

Con l'Arca del Duomo, hai trovato il Santo Gral ...!

Vittorio M.

... in qualche modo! E' un'immagine a cui non avevo mai pensato, anche perché, quando sento parlare di Santo Gral, ho un certo sospetto, dovuto a tutte le storie che ci si costruisce sopra. Devo comunque informarmi. E' comunque vero che certe volte si hanno delle indicazioni da dove non si sarebbe mai immaginato di averle. Una volta un politico, guardando il progetto dell'Arca del Duomo e in particolare la forma della barca che è sotto la piramide rovesciata, disse che era un fonte battesimale ... L'avrei baciato, perché è proprio questo che ho nel cuore. Io non avrei osato dire “è un nuovo battistero” però, in qualche modo, è vero, infatti c'è anche l'acqua .... Il progetto si riferisce molto all'antico Battistero, in cui Sant'Ambrogio battezzò Sant'Agostino. E lo fa perché era quello un momento cruciale della storia, così vicino a quello di oggi: finiva una civiltà, ne prendeva inizio un'altra, con un gesto di nascita spirituale, un gesto in contrasto con il mondo in cui vivevano, che richiedeva molto coraggio.  Il progetto della piazza è in strettissimo rapporto con l'antico battistero e osa proporne il rinnovamento in altra forma, con l'Arca da costruire davanti al Duomo. D'altra parte, in passato, il battistero veniva sempre costruito davanti alla cattedrale. Bisognava infatti essere battezzati prima di poter essere accolti nello spazio sacro della chiesa.

Pat Sophie G.

L'altro giorno avevi parlato molto del vuoto e avevi menzionato anche la Bhagavad Gita, vorrei parlarne ma, oggi, non posso esprimermi più di tanto perché   mi è successa la cosa forse più bella della mia vita: mi hanno licenziata,  perché metto l'anima nelle mie lezioni a scuola. Mi sono permessa di elaborare un discorso sull'anima con questi esseri umani, che qualcuno definisce bambini, ho parlato di gioia e beatitudine, di cose che hanno a che fare con la quantistica ....  i bambini hanno capito tutto, i genitori no.

Vittorio M.

Posso risponderti su diversi piani: rischio anch'io di essere licenziato...mi è accaduto diverse volte nella vita di fare dei progetti che nel mio intimo sento come atti religiosi, ma che sono stati percepiti, ordinati, pagati come atti rivolti a un'utilità pratica ... per esempio l'Arca delle Nevi, di cui ho parlato come di un gesto di preghiera, era in realtà una sala di pattinaggio. Mai più avrei potuto dire alla Prefettura del Cantal che mi ha incaricato del progetto che avrei invece disegnato una chiesa, un tempio ... Il progetto di Atene è un centro commerciale ... ho dovuto in qualche far passare di contrabbando l'idea del tempio rovesciato e segreto. Guarda che Gesù stesso aveva detto “a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”. Bisogna avere un senso realistico nella vita. Io adesso non so giudicare da un punto di vista pedagogico se ai bambini si possano insegnare cose così complesse, come la fisica quantistica ...

Pat Sophie G. dice che non sono complesse. Gerardo P. dice che la differenza fra questa serata e un'aula scolastica è che la nostra è una scelta libera, se parteciparvi o no, se ascoltare o andarcene,  mentre a scuola non è così. Anche se dici delle cose molto belle e interessanti, possono essere percepite come una violenza.

Pat Sophie G.

Il punto è che l'essere umano fa il suo percorso e a noi, fin da bambini, occorre viverne lo sviluppo ... lo si fa nel vuoto meraviglioso che è l'essere umano. Per quale motivo rifiutarsi all'apertura e non comprendere tutto ciò che è vita?

Vittorio M.

Quando abbiamo parlato di vuoto...Pat in particolare l'ha compreso come un vuoto interiore e ci ha detto che  il bambino è un vuoto, è plasmabile. Un bambino che dal punto di vista della mente, l'ha certamente molto piccolina mentre, come anima, ha una grande dimensione che poi,  un po' alla volta, si rimpicciolisce come dicevi tu e viene riempita di una congerie di conoscenze, di informazioni, per lo più di tipo materialistico. Quindi, il coltivare questo vuoto dovrebbe essere il compito più importante. E infatti il pensiero che soggiace a tutte le mie idee deliranti sull'urbanistica - non mi licenziano solo perché ... ma non lo so neanch'io - è proprio quello di proporre questo vuoto in cui la funzione principale è quella dell'educazione. Il nucleo del mio pensiero urbanistico è che il principio dell'educazione dovrebbe presiedere a tutti i livelli, cominciando a disegnare le case in piccoli gruppi intorno a un asilo di infanzia, e poi un gruppo più grande che definisce il bacino di una scuola elementare e poi su su fino alla scuola media, al liceo, e soprattutto all'università, che dovrebbe secondo me coincidere con il cuore, con il centro della città, diventando la fucina, il vaso magico, il crogiolo, il Santo Gral in cui creare i nuovi uomini. Tutto questo però nelle grandi linee e in un senso filosofico, mentre, nella pratica, come potrei scrivere al sindaco che, da un giorno all'altro, bisogna demolire l'attuale centro di Milano? Mi prenderebbero per matto, e così,  non penso che si possa così facilmente introdurre dei nuovi principi pedagogici in una scuola elementare, non saprei entrare in questo campo, ma immagino che possano esserci delle considerazioni, rispetto alle quali bisogna ricordarsi qualche volta le parole di Gesù riguardo a quel che è di Cesare. Ricordo però anche come Gesù  parlava di realtà spirituali in un modo così semplice che potevano capirlo anche dei poveri pescatori, e quindi penso che sia possibile e vero parlare ai bambini di cose spirituali, come dici tu, anche se non sarà facile farlo accettare alla mentalità di una scuola tradizionale.

Pat Sophie G.

E' stato un successo...la persona è tale fin da bambino, anche se di questo aspetto fondamentale nessuno ne parla mai. Nel bambino esiste una saggezza (non a parole perché è poetico dirlo) e una capacità di comprensione del tutto e addirittura del particolare del tutto che, se non cogli quel momento e non gli permetti di esprimersi, quando poi il bambino diventerà un adulto, a parte qualcuno illuminato, farà fatica a viverlo.
 
Vittorio M.

C'è una verità profonda in quello che dici. Tu, Roberta, per caso hai qualcosa da dire su questo?

Roberta R.

Non conosco i contenuti che Pat ha cercato di trasmettere ai bambini. Se l'hanno licenziata per questo, dovevano essere un messaggio molto forte e non possiamo liquidarlo in cinque minuti

Vittorio M.

Insomma, esser stata licenziata per questi pensieri potrebbe essere un onore per te, ma sono cose che richiederebbero un  approfondimento che non possiamo fare adesso. Ci siamo trovati per parlare della rifondazione della città, che non è possibile se non rifondando se stessi. Quest'opera la facciamo da grandi con la nostra consapevolezza di oggi,  ma si ricollega a un'attenzione per il bambino interiore. Quando diciamo bambino, diciamo tabula rasa? No, diciamo terreno vergine, vuoto di sovrastrutture ma pieno di possibilità nascenti. Nel mio libro su Firenze immagino sempre la scena dell'aruspice, delle giovenche che trainavano l'aratro per tracciare il solco, della nascita della città. Riportarsi al momento nascente è  una nuova creazione ma non una tabula rasa. Cerchiamo di viverla recuperando la radice, la centralità dell'essere, onorando quello che non si è ancora configurato, irrigidito, come la preziosa riserva del vuoto interiore, del momento nascente che abbiamo in noi ...

Roberta R

Il percorso che tu hai indicato è anche quello della psicanalisi. Non possiamo fare una tabula rasa, quando abbiamo vent'anni abbiamo già una storia, se dobbiamo rifondarci dobbiamo utilizzare tutto il materiale che abbiamo dentro di noi, possiamo aggiungere qualcosa,  livellare o buttar giù qualche edificio,  ma non possiamo radere al suolo una città. Possiamo, come stai facendo tu, ripensare una città. Il discorso che fa Pat  è un discorso creativo, esattamente in questo percorso.

Giovanni B.

Mi ha colpito quello che hai detto in poche parole. Hai dato una bellissima definizione: guardare al passato in un senso creativo ... bisogna creare rispettando le conquiste anche architettoniche del passato.

Vittorio M.

Porrei però l'accento sul creare .. .il Bramante che ha demolito mezzo Colosseo per fare i suoi edifici...io non lo farei....però questo ci fa vedere la forza di una creatività che non esita ad appropriarsi delle vestigia del passato, facendole vivere trasformate nel presente. San Pietro è rivestita dei marmi rubati ai palazzi imperiali di cui abbiamo appena visto le rovine del tutto spoglie. I tempi sono diversi, oggi non lo faremmo, però l'urgenza della vita, del nuovo, è più forte di quella della conservazione del passato. Tanto meglio se sarà un nuovo così maturo, così civile da non aver bisogno di distruggere, portando anzi in sé il passato come qualcosa di sempre vivo. Insomma, un albero non può negare la propria radice, ma questa serve a nutrire il suo sviluppo, non a bloccarlo ...

Paolo M.

Vorrei fare una domanda: ... tu hai parlato del sentimento, o elemento femminile, in  rapporto con quello razionale. Ora, io non conosco molto l'architettura, conosco meglio altre discipline, altre arti, ma mi sembra che il rapporto fra i due elementi sia molto difficile da descrivere, può cambiare da disciplina a disciplina e fra artista e artista. La musica dodecafonica parte per esempio da un'idea molto razionale che poi viene applicata, un razionale da cui nasce il momento creativo, mentre ci sono altre forme, sempre nel campo della musica, in cui si parte più da un elemento puramente creativo, che poi viene razionalizzato. In un quadro non c'era magari un'intenzione, c'era piuttosto un elemento vitale all'origine, mentre tutto ciò è molto diverso in diverse discipline. Nella musica possono esserci entrambi gli aspetti, nell'arte, nella pittura anche,  e mi chiedo nel tuo lavoro quale sia la linea che segui. Non so se c'è forse un momento razionale che sembra precedere il disegno, come questa idea della rifondazione della città, o quella di capovolgere la piramide, o la similitudine del rapporto fra la radice e le foglie, o se invece la razionalizzazione che esponi non segua il lavoro creativo.

Vittorio M.

Io ho una certa idea di questo. Cioè, a differenza di una gran parte delle tendenze contemporanee, astrattamente razionali, o di un'altra parte che si abbandona invece a pulsioni che vengono dall'inconscio, io sento molto in me questo equilibrio nativo fra sentimento e ragione. Ho parlato prima della rifondazione della città: non è mica una teoria a priori, è una constatazione che faccio guardando al lavoro di decenni, anche ne corso di questo Seminario. Mi accorgo come c'è stato un impulso costante, che non nasce da un'idea razionale, tipo “voglio fare questo o quest'altro”, no, nasce come un albero, nasce dalla terra, da una situazione interiore, nasce nello stesso modo in cui un poeta prende la penna e scrive il primo verso, o un musicista, non dodecafonico, sente un impulso, penso a un Beethoven, a un Mozart, da cui nasce poi una costruzione .... Questo impulso che viene, diciamo genericamente dal cuore, o dalla radice, cresce e si accompagna a un intervento della ragione che passo passo lo corrobora, gli dà forma. Guardiamo l'albero: la linfa vene dalla terra e sale verso la luce del cielo che permette  la sintesi clorofilliana e di dare corpo all'albero. Se ci fosse troppa luce, troppa ragione, l'albero seccherebbe, se vivesse nell'oscurità non vivrebbe  neanche. La compresenza di queste due cose, il sentimento e la ragione, deve esserci anche in un'opera d'arte, in cui la forma razionale non può fare a meno del sentimento, di un amore , di una pulsione emotiva.. Anche questa non può fare a meno della ragione che però, in sé, può agire anche  in senso distruttivo e non solo in senso creativo. La vera creazione, la vera opera, a similitudine di quello che vedi nella natura, è una combinazione delle due cose, e personalmente ritengo di avere la grande fortuna di viverla in modo molto completo.
Quindi, per esempio, non posso dire esattamente “questa linea vene da qui e quest'altra viene da là”, ho una certa ideo in mente o mi viene dopo ... però, in questo progetto (l'Arca del Duomo) c'è da una parte una percezione del luogo nella storia, quasi in una sua natura segreta. Prima di pensare all'Arca o ad altro ho molto pensato, molto amato la città...quarant'anni di riflessioni su Milano, di studio, partito proprio da piazza del Duomo per poi allargarsi a tutta Milano, quindi alla città in generale e alla visione della nuova metropoli e ad esperienze professionali in tanti Paesi del  mondo. Poi, quarant'anni dopo, ritorni in Piazza del Duomo con un progetto reale che è come un frutto, un tardo frutto di quest'albero che è cresciuto per tutta una vita. Una volta cresciuto, è come se mi avesse dato un occhio per vedere ciò che non si vede, l'antica e scomparsa basilica di Santa Tecla, il battistero di cui c'è qualche spezzone di muro nel sotterraneo della metropolitana, il ricordo di eventi remoti che per me sono sempre vivi. Guardate la facciata del Duomo,  non avevo mai visto prima che è iscritta in essa questa complementarità fra il coronamento e il rovesciamento, fra un  triangolo superiore e quello che si può immaginare in modo speculare nella sua parte bassa, che è proprio alla base dell'idea di piramide rovesciata: due parti che sono integrate in una totalità. Studiando poi l'interno dell'Arca, c' è un senso dello spazio che si sviluppa in senso ascendente, come la progressiva apertura di un fiore ... veramente io sento la parte più bassa di questo spazio, la punta della piramide rovesciata,  come la parte più bassa di me stesso, la mia parte oscura, ed è da essa che nasce in me un impulso che mi porta poi a aprirmi e a orientarmi nella parte alta come questo semi-anfiteatro che guarda il Duomo. E' il racconto di una vicenda spirituale, del cammino della nostra anima. Da questo punto così basso, un punto “cattivo”, così lo esprime in un modo fortissimo  un mio quadro, come se fosse un fulmine che cade dal cielo, il seme dell'uomo, un taglio di spada, un evento doloroso, un seme che si rompe...il nostro essere a poco a poco si elabora, si costruisce,  fino a giungere a una dimensione spirituale. Finalmente giungo davanti al tempio, guardo con tutta l'anima all'oriente, contemplo questa sacra immagine del tempio, che è adesso tutt'uno con il mio tempio interiore ... non so se ho trovato il Santo Gral come dice Giovanni, ma sono andato nella direzione che è proprio quella che con questo Seminario vorrei comunicare.

Patrizia G.

Mi sembra che questa sera stia venendo fuori una cosa, così difficile per ognuno di noi da tenere insieme, cioè queste due parti. Citando una frase di Gesù, che voglio donare a Patrizia Sophie, lui dice “sii nel mondo ma non del mondo”. Credo che questo esprima bene la difficoltà di ogni essere umano - credo che ognuno di noi sia creativo - di confrontare la forza creativa che ha dentro con una forza distruttiva che c'è sempre fuori, che potrebbe essere la società -  penso alle due città di Agostino -  proprio perché questa dicotomia è la forza creatrice che ogni volta dobbiamo trasformare in creatività e non distruttività. Tu hai fatto vedere prima quella bellissima storia della pianta di Milano, di questo seme che è diviso in due. E' proprio nel mezzo che nasce ogni volta la potenzialità della nuova vita, la co-creazione di cui noi siamo artefici. A me piace sempre citare la realtà cosmoteandrica  di Panikar, perché penso che sia un passo ulteriore a cui siamo chiamati, nel senso non tanto di una novità quanto del  tener vivo dentro di noi un principio di speranza. Come dice Bloch. dobbiamo portare il soldato sul campo di battaglia, ma anche riportarlo in vita, perché la memoria ci serve, ma nello stesso tempo dobbiamo essere pronti a creare qualche cosa di nuovo. In  questo senso, io ogni giorno mi rendo conto della difficoltà di un essere umano, di saper sostare negli opposti, che ci sono, che sono parte costitutiva della nostra vita e che dobbiamo tenere proprio così, come un giocoliere tiene le due palle...c'è questo e c'è quello, non questo o quello, ci sono tutti e due.... (Vittorio interrompe: mai scegliere fra i due, ma ricercarne l'unione, la fusione, direi anzi il figlio che nasce da questa unione ..)
Ricordo Hermann Hesse, che ha scritto moltissimo sull'infanzia perché per lui l'infanzia è stata un momento di grande creatività ma anche di grande tragedia. In  “Sotto la ruota” lui diceva “ma come mai noi, da grandi, cerchiamo di tenere in vita i geni, quelli che hanno creato qualcosa di nuovo, e poi, quando da bambini ... lì c'è il nuovo, ma con la mano sopra lo schiacciamo? Per cui dobbiamo contenere il dolore della vita e la gioia della vita, e se riusciamo a fare questo ogni giorno, è già una bella cosa.

Giovanni B.

E' bello quello che tu, Vittorio, mi hai fatto vedere prima. Non è per caso che, nell'evoluzione dell'uomo, si passa dal convesso al concavo...guardiamo le prime costruzioni, le prime piramidi, poi le cupole, come quella di San Pietro per esempio, giungendo a costruzioni sempre più complesse, man mano che ci si evolve. Adesso abbiamo le parabole che sono come tanti ricettacoli aperti verso il cielo per captare le onde hertziane, usate magari poi a sproposito, ma già l'idea della parabola che capta da un satellite fa pensare a un ricettacolo di qualcosa di spirituale. E quindi la piramide che è l'esempio, il principio della prima edificazione storica, adesso si rovescia nel tuo progetto dell'Arca del Duomo per suggellare questo capovolgimento verso la spiritualità. Entriamo nell'età dell'Aquario (Pat  Sophie aggiunge: è la clessidra ...)

Vittorio M.

Nel progetto c'è uno specchio d'acqua che permette di leggere la piramide rovesciata proprio come una clessidra. Comunque tu dici una cosa molto giusta: nella nuova era, auguriamoci che tutte le cupole, quella di San Pietro per cominciare, si rovescino e sboccino come fiori! Nell'edificio del Fiore, che ho disegnato per il nuovo centro di Firenze, intuisci che esso è proprio il rovesciamento e la fioritura del vicino Cupolone, ma c'è di più: è proprio una forma di concavità, di ricettività, come hai detto prima. In un libro che scritto tempo fa si racconta una mia interpretazione un po' particolare delle piramidi: dicevo che esse saranno un giorno guardate come delle costruzioni sottomarine, mentre le vere costruzioni del futuro saranno quelle che sorgeranno e si apriranno al di sopra di esse, in una dimensione superiore, come può esserlo quella del cielo rispetto al mare. Se guardi le piramidi maya, hai proprio questa percezione. Si arrivava dolorosamente (pensate ai prigionieri che dovevano salirle) fino alla sommità, dove c'era un tempietto davanti al quale le vittime venivano sacrificate. Veniva realizzata un'enorme struttura, non solo di pietre ma di tutta una società, della sua cultura, del potere che la dominava, per cercare un contatto col divino in cui veniva visto un punto d'arrivo, come la cima della piramide. Invece è da questo punto che il contatto può forse cominciare, perché il divino è al di sopra. Dove finisce la costruzione della piramide terrena può forse cominciare quella della piramide celeste, rovesciata rispetto alle nostre e che, dal nostro cuore, si innalza come un gesto di 'apertura verso la luce.

Giovanni B.

Adesso che sento la tua spiegazione, me la sento di avvalorare e sostenere questo progetto.

Caterina B.

In tutti questi progetti, queste immagini che abbiamo visto, mi colpisce il vuoto che nel progetto di Milano cerchi di creare. Questo vuoto in realtà è pieno, ci siamo noi, c'è l'individuo, l'uomo che si nutre di tutto quello che lo circonda, per elaborare pensieri, per crescere ... Come impressione, mi sembra che stai cercando di dare nuovi elementi, sia riscoprendo le radici (quello che c'è sotto e che non tutti sanno guardando all'immagine dell'Arca) sia proponendo una nuova interpretazione, una nuova apertura, ma sempre riempiendo lo spazio vuoto che è quello in cui c'è la vita. La vita pulsa nel vuoto,  non nel pieno

Vittorio M.

Il pieno è la vita già prodotta, mentre il vuoto è da dove viene generata, è il grembo.

Caterina B.

Esatto, con questi progetti, con l'idea della barca ancestrale, con il vuoto e la nuova lettura che ci dai dell'interno dell'Arca come di un fiore che si apre,  suggerisci elementi che ci permettono di elaborare qualcosa dal vuoto che è in noi, e quindi questa nuova interpretazione mi sembra un  suggerimento ad andare oltre.

Vittorio M.

Questo fiore virtuale è proprio come un chakra...Per riportare però il discorso a qualcosa di semplice e utile, non perdendoci, appunto...nel vuoto,  vorrei citare un  sano principio Yoga che dice che, quando mangiamo, dovremmo mettere nel nostro corpo un terzo di cibo solido, un terzo di liquido, e lasciare l'ultimo terzo vuoto!
Segue una conversazione. Intervengono Giovanni B. e Lorenza F. parlando del vuoto, Patrizia G. che accenna alla fisica quantistica e a “una realtà che esiste solo in quanto ne abbiamo coscienza”, e Gianni C. che evoca gli ologrammi e la lettura della realtà che potrebbe esserne suggerita. Vittorio M. invita a un approccio più fondato. Se si vuole parlare di fisica quantistica che lo si chieda a un fisico, evitando di avventurarsi in citazioni problematiche e non documentate ...

Vittorio M.

Siamo così giunti alla fine del nostro Seminario e anche di questa serata che, essendosi protratta oltre le previsioni, non permette più un dibattito conclusivo su altri aspetti, come l'arte, a cui ci dedicheremo magari in un'altra occasione.
Potranno esserci dei nuovi Seminari, in cui occuparci magari anche di scienza, di psicanalisi, di letteratura o di altro? Bisogna dire che questo non è un centro culturale in cui si ospita ecletticamente ogni forma di cultura, ma che si vuole seguire sempre l'intento di quel Lavoro Spirituale al cui servizio ci siamo spesi in questi mesi. Oltre all'architettura e all'arte che ci hanno occupato finora, ci apriremo senz'altro ad altre discipline, sempre però in uno spirito di fedeltà e continuità con questo intento.
Invece di concludere il Seminario, lasciamolo quindi aperto a futuri sviluppi.
Grazie a tutti per la vostra partecipazione e arrivederci.


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il dibattito può proseguire on line scrivendoci: arcadelduomo@gmail.com