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C.1.1.13

il Lavoro Spirituale
Arte come cammino interiore

Incontro n° 8 del 13 maggio 2009
Conversazione di Giorgio Seveso, in dialogo con Vittorio Mazzucconi, sul tema:
Dal Futurismo all'arte contemporanea


Indice IL LAVORO SPIRITUALE

 

Nel dibattito sono intervenuti anche Carlo Galimberti, Patrizia Graja, Caterina Bazzani, Roberto Provenzano, Anna Spagna, Gerardo Palmieri, Anna Santinello.

Vittorio Mazzucconi

Per chi non è venuto altre volte, vorrei spendere due parole sullo scopo di questo incontro. Esso fa parte di un Seminario, il cui impegno è molteplice. I diversi incontri sono raggruppati  in quattro argomenti: il primo è stato la rifondazione della città, il secondo l'architettura, in un senso molto umano, umanistico direi, il terzo che è cominciato Mercoledì scorso è l'arte, che continua stasera, e il prossimo sarà infine dedicato a una riflessione filosofica. Diciamo che in tutte queste forme c'è un filo filosofico e non solo artistico e tanto meno tecnico. Molte persone si sono scoraggiate all'idea di partecipare a degli incontri che abbiano per oggetto l'architettura o la città, pensando a un approccio di tipo tecnico, mentre il nostro è un approccio di tipo, diciamo,  interiore. Il concetto è cioè che noi viviamo oggi in un periodo così difficile, così pieno di tensioni, che io anzi, personalmente, temo sia orientato verso un esito catastrofico, come è d'altra parte sempre quello che accompagna un totale, brusco cambiamento di civiltà. Quindi, in un momento come questo, bisogna chiedersi qual'è il senso del nostro pensare e del nostro agire, e questo qualunque ne sia il campo. Senza avventurarmi in campi che non mi competono, mi occupo del mio, l'architettura, che è il mio sangue, o la pittura che è ugualmente parte della mia vita, e parlo poi della città da un punto di vista che è del tutto estraneo agli amministratori, ai politici e agli stessi urbanisti, perché io penso a niente di meno che a rifondare la città. La città va infatti rifondata. Mi sono rifatto addirittura per questo all'archetipo della mitica fondazione della città, come immagine di un evento interiore e  sacro, perché rifondare la città, oggi,  vuol dire rifondare noi stessi. Viviamo in un momento in cui bisogna far questo, a meno che non preferiamo andare avanti nella confusione, nei dissidi, nei problemi più grandi di noi, in cui perdiamo la nostra vita, mentre invece trovo che, pur partecipando a tutto questo  con ardore, vivendo, soffrendo e anche godendo delle cose buone del mondo, è tempo di avere un orientamento interiore.. Questo orientamento è il tema del Seminario, che si chiama appunto IL LAVORO SPIRITUALE.
Cos'è il lavoro spirituale? Mi è accaduto di dire, in modo abbastanza banale, che il lavoro spirituale è il lavoro materiale, il lavoro che facciamo tutti, vivendo, mangiando...un saggio Zen diceva, a chi gli chiedeva la chiave della saggezza “io mangio, io bevo, io respiro...”e a chi gli faceva notare che tutti noi facciamo queste cose, rispondeva: “certo, ma l'importante è la consapevolezza che ne abbiamo”. Quindi, in questo senso, il lavoro spirituale è l'affrontare i vari temi della vita, e anche della professione o dell'arte, con un orientamento, in una certa direzione, che io chiamo appunto spirituale, cioè qualcosa che guarda a un'essenza, che è l'essenza dell'uomo. Non vedo altra definizione al di fuori di quello che è il nostro cuore, però l'uomo deve esserne consapevole, deve riconoscersi in esso, non solo nelle sue capacità di azione e di pensiero e neanche solo nelle sue motivazioni sociali o filosofiche, ma deve riconoscersi in quella che è una sua specificità  profondamente misteriosa. Non si può prescindere dal senso di una finalità, di una prospettiva che essa porta in sé: al di là di questa nostra vita fisica, e della confusione delle apparenze, c'è un grande destino, c'è un grande spazio cosmico, al di là dello spazio terreno in cui l'uomo procede più o meno confuso, attraverso la storia, le religioni, la scienza...
Oggi parliamo di arte. Abbiamo invitato Rossana Bossaglia, che purtroppo non è potuta venire per ragioni di salute, e a cui mandiamo un pensiero affettuoso, e Giorgio Seveso, critico d'arte, un uomo che veramente si spende con competenza, onestà e generosità per l'arte e per gli artisti. Nella scaletta dei diversi cicli di incontri, grosso modo, si pensava  per ognuno di essi, per esempio  questo sull'arte, alla successione di tre momenti: uno dedicato al passato e alla sua arte, il secondo ai problemi dell'arte contemporanea, e il terzo invece a una visione per il futuro. Però l'idea di separare il passato, il presente e il futuro può essere intesa in un modo diverso. Parlando di passato, si vorrebbe indicare una tesi, un certo modo di fare arte, di cui oggi viviamo invece l'antitesi e, quanto alla proiezione in un futuro,  io avrei una speranza molto idealistica. Per ciò che riguarda invece il nostro tempo, ho invitato Giorgio a parlarci, con una carrellata molto veloce, di quello che è accaduto dal futurismo all'arte contemporanea. Avrei anch'io qualche piccolo pensierino in proposito ma lascio la parola a Giorgio, ubi major minor cessat, e ne parleremo magari dopo.

Giorgio Seveso

Vittorio ed io siamo molto diversi, per come vediamo il mondo, per come vediamo le cose, forse per come vediamo l'arte, sicuramente per come viviamo la nostra vita, però siamo amici... Ci siamo conosciuti più o meno 25, 30 anni fa, quando lui abitava ancora in Corso Garibaldi, in una straordinaria location, non era una casa, era un posto, quasi un castello,  ho conosciuto così questo architetto utopistico, assolutamente fuori dal contesto in cui vedevo gli architetti, per cui me ne sono interessato subito, pur accorgendomi che eravamo in due mondi diversi, due sponde diverse...lui è teso alla ricerca di un senso spirituale, l'essere nel mondo, il senso di questo, e io  sono al contrario convinto che gli uomini sono la risultante di una serie di questioni molto pratiche, molto pragmatiche, molto tecniche...io sono agnostico, sono un marxista, ma non parliamo di politica, parliamo delle nostre differenze che ci rendono amici. Guardando a quel sunto pubblicato online delle conversazioni precedenti, mi sono fatto un'idea di quello che Vittorio intende circa la spiritualità dell'arte. C'è una cosa che manca secondo me nel modo in cui affrontare il rapporto dell'artista con l'opera, con il mondo e con lo spirito, ed è il talento. Il ragionamento che fa Vittorio intorno all'arte non tiene conto secondo me di una cosa, che è il talento, e che definisce l'arte nella storia. Nell'artista il talento prende un aspetto concreto, fra la manualità e la capacità di elaborare le immagini, che siano oniriche, fisiche, etiche ecc. che può prendere aspetti diversi in diverse forme di arte ma, ciò che è decisivo, il talento è la qualità dello sguardo, e quindi ci sono uomini il cui  talento è una qualità di stare al mondo e di esprimersi. Nelle cose che diceva Vittorio in quel riassunto, c'era un riferimento al  razionale, che sarebbe in qualche modo maschile, e dell'intuitivo, dell'emotivo, del sentimentale, che sarebbe in qualche modo femminile, che incontrandosi in un certo equilibrio, e all'interno dello stesso gesto creativo, secondano e fanno nascere l'opera vera ...la banalizzo, Vittorio, ma è un po' la tua ideologia estetica quando pensi all'arte. Io credo che non sia così, io credo che invece l'arte è qualità, talento, concentrazione delle risorse umane, sia nelle sensibilità che nelle razionalità, e cioè nel femminile e nel maschile, per riprendere la tua metafora.. E quindi spirito vuol dire verità, onestà del fare. Il talento è verità del fare, non è una scelta tra l'anima e la materia, tra lo spirito e il concreto. La spiritualità è appunto essere dentro il mondo. Ci  sarà poi chi, in qualche modo, vorrà ottenere dei riconoscimenti, dei risultati concreti, mentre altri invece si attaccheranno solo alle idee, ai progetti, a me non importa definirlo ma dire che non esiste uno spirito, esiste un modo per essere dentro il mondo. Ed è anche la storia dell'arte che abbiamo dietro di noi. 

Vittorio M.

Nelle discussioni, si è talvolta in disaccordo solo perché si usano termini diversi. Giorgio non è d'accordo con  un'istanza di spirito, parlando invece di talento. Io dovrei saperne qualcosina, se le  mie opere mostrano un certo talento (GS ma certo, l'ho anche scritto..!) ma proprio per questo so  che, quando un artista ha realizzato una sintesi nella sua vita, reale, spirituale, affettiva, in tutte le dimensioni che ho schematicamente indicato come appartenenti alla ragione e al sentimento, egli esprime  attraverso di tutto questo una verità profonda, ha il sentimento di non essere personalmente, in quanto ego,  l'autore dell'opera ma di essere solo un mezzo attraverso cui si esprime... qualcosa che tu chiami talento e va bene, un altro lo chiamerà in un altro modo, io lo chiamo spirito, il quale spirito non lo considero una realtà a se stante, superiore o irraggiungibile, ma come l'anima stessa dell'uomo. Faccio l'esempio dell'albero: esiste la vita reale che, attraverso la storia, attraverso l'economia, sviluppa le possibilità, le risorse, l'energia atte a formare il tronco...ma come si fa a pretendere che questo tronco, quando a un certo punto si apre nell'atmosfera non dipenda ugualmente dalla luce...e la luce è qualcosa che ci porta molto lontano, ci porta al sole, ci porta al cosmo. L'unione fra materia e spirito, fra oscurità e luce, a mio modesto avviso, è la sostanza. Quando un uomo la coglie, quando un artista la coglie, appunto, nella verità della sua opera, certo che occorre talento per farlo ma questo talento è.....una volta lo si chiamava ispirazione, io questo lo credo ancora profondamente, non penso a qualcosa di trascendentale, è qualcosa che passa attraverso il tuo sangue ma, senza di essa non vedo come possa essere concepita non solo l'arte ma anche la vita, senza una illuminazione, senza guardare al di sopra di ciò che è certo importante come lo è la radice, e il tronco, ma caspita c'è anche il cielo!... e le stelle nel cielo, perché tutto ha un senso che trascende la nostra vita, non solo ciò che è a livello fisico ma anche, diciamo,  molte idee limitate che ci facciamo sul mondo..

Giorgio S.

Io sono appassionato all'arte, non per una scelta volontaristica..questa passione l'ho ricavata dalla frequentazione, anche professionale, ho scritto per trent'anni, facendo la cronaca d'arte sull'Unità, seguo artisti, organizzo mostre..Dal di dentro, diciamo così, ho imparato che l'arte che mi piace, mi interessa, mi appassiona, mi prende, è quella che parla, che evoca, che tratta dei sentimenti umani, della concretezza, della nostra storicità, del sangue, del sesso, nel desiderio, dell'angoscia, anche della morte. Vittorio è pittore, al di là delle sue abilità di urbanista, di architetto, di poeta dell'edificio, della forma, ed è pittore fino in fondo. E io credo che lui, al di là della poetica che esprime con le parole, abbia una poetica nei fatti, nelle immagini, che è assolutamente organica a quello che sto dicendo e lo ho anche scritto, cioè in lui c'è un modo, se volete “fra virgolette” chagalliano, di dilatare lo sguardo sulle cose...

Vittorio M.

Non accetto questa definizione. Se io vi servo del vino, è uno Chateauneuf du Pape, è un Barbera, una Bonarda, l'etichetta fa molto, è la prima cosa che si guarda, dopo si assapora il vino, ma non mi piace che si appiccichi un'etichetta a piacimento ....con tutta onestà, io sono un uomo del mio tempo anche se isolato, parlo un linguaggio del mio tempo anche se con  termini non sempre condivisi, ma non sono uno di quelli che, sia in pittura che in architettura, guardano a quello che fanno gli altri, e questo non  riferirmi a nessuno è anzi un mio grosso difetto. Io non guardo assolutamente niente, guardo in me stesso, può darsi che in questo pozzo interiore si sia riflesso a mia insaputa anche un pezzetto di Chagal, un altro potrebbe dire che gli ricordo Picasso o qualcun altro, ma io mi ribello al modo di giudicare un'opera autentica con riferimenti a varie etichette. Stasera non si parla comunque della mia opera, questa non è una mia mostra, ma un incontro sul tema: “dal futurismo all'arte contemporanea”. Vorrei che si parlasse di questo e butto anzi li qualche idea.
Appunto per questo mio ignorare quello che fanno gli altri, non conoscevo bene il Futurismo. Esso è stato d'altra parte  per molto tempo un fenomeno confinato ai margini della storia dell'arte contemporanea, anche per la sua contiguità con il fascismo. Poi è stato rivalutato, se ne è parlato ultimamente molto e così mi sono letto alcuni scritti e proclami di Marinetti. Da una parte mi è piaciuto lo straordinario vigore e l'entusiasmo che lo animava...dall'altra il Futurismo mi è sembrato proprio la scuola dei miti della velocità, della violenza, della tecnica, che sono poi sfociati non solo in regimi totalitari ma in quel tipo di civiltà di cui viviamo oggi le estreme conseguenze. L'attuale enfasi per la tecnologia è in continuità con l' infatuazione del Futurismo per le macchine, anche se, in confronto allo schiacciante materialismo di oggi, le idee di Marinetti mi sembrano poetiche e idealiste. Quello che più mi colpisce nel Futurismo è il suo stesso nome, questo slancio verso il futuro. E paragono questo nome a un'altra parola: “contemporaneo”. Sono andato l'altro giorno a una conferenza, in cui la parola “contemporaneo” è stata usata almeno cinquecento volte. Tutti se ne riempiono la bocca: l'arte contemporanea, il mondo contemporaneo, il gusto contemporaneo, anche se non c'è concetto più inconsistente di questo. Ciò che era contemporaneo dieci minuti fa già non c'è più. Questo mi sembra dovuto al fatto che, mentre ai tempi del Futurismo, sia pure in un modo utopistico ed anche tragicamente anticipatore, si guardava a un certo tipo di futuro, oggi non sappiamo più guardare a nulla, e quindi siamo tutti arroccati a questa idea del contemporaneo, come unico valore di presenza, di appiattimento sul presente. Non c'è mai stato nella storia un tale atteggiamento. Tu, cosa ne pensi?  

Giorgio S.

Sul concetto di contemporaneo, sono dieci anni che lotto per abbatterne questa definizione. Se state attenti a come si articola la dimensione dell'arte e delle sue istituzioni, essa si è oggi ristretta a un insieme di stili, linguaggi, a cui l'arte deve somigliare per essere definita contemporanea, altrimenti non è arte. Cioè questo concetto di contemporaneo è diventato una specie di manierismo e va abbattuto, perché contemporaneo è un termine che dovrebbe indicare tutto ciò che accade, nel bene e nel male, nelle sue contraddizioni e connotazioni. Se un artista  si sente ispirato da una certa direzione espressiva, linguistica, tecnica, che magari somiglia o richiama certi esempi del passato, non per questo non è contemporaneo mentre, per i grandi elettori della struttura artistica mondiale, queste grandi multinazionali dell'arte, questa grande riunione e confluenza di direttori di musei, di biennali, quadriennali e quant'altro invece non è contemporaneo, poiché non rientra in certi codici o strutture linguistiche o espressive, E' una cosa assolutamente unica, non è mai successa nella storia dell'arte. Succede oggi, ed è una cosa contro la quale bisogna battersi
Vittorio M. dice che è d'accordo, ma Giorgio S. aggiunge: ciò che ci divide è quella faccenda dello spirito. Ma chiamiamolo pure talento, risponde Vittorio..., a proposito c'era un Tale (che si intendeva di spirito...) che ci parlò duemila anni fa di talenti, non ti dice qualcosa? ...

Giorgio S.

Tutto ciò che si fa, oggi, è nato dagli uomini e dagli uomini non si discosta..la trascendenza è una bella parola, è qualche cosa che può riguardare anche una poetica della filosofia, più che un filosofare, ma non modifica nulla, non entra...

Vittorio M.

...ma chi l'ha detto? Guarda a tutta la storia dell'arte Tutti i grandi artisti, i grandi poeti, quelli che hanno veramente creato il mondo della nostra civiltà! E' come se tu guardassi gli alberi senza vedere traccia di cielo, senza accorgerti che c'è un'atmosfera, una luce...vedi gli alberi solamente come terra. Se fosse come dici tu, gli alberi non potrebbero neppure esistere.

Dibattito

Carlo G.

Anche ciò che è al si sopra delle foglie è materia

Vittorio M.

...certo, anche le galassie e il cosmo intero sono materia, ma è altrettanto vero che tutto, anche la terra, anche ogni materia è spirito. E' un'identità, non un confine da stabilire. E tanto meno dobbiamo schierarci da una parte o dall'altra di esso. Se condividete il materialismo del nostro tempo, ammetterete anche che non ne escono sempre dei risultati meravigliosi.  Sbattiamo piuttosto il naso contro i giganteschi problemi che esso ha creato o comunque non risolto....Io sono il primo a diffidare di chi parla di spirito, detesto i discorsi dei preti, non ho nessuna veduta confessionale, però il soffio del respiro che anima tutte le cose lo percepisco come la vera, unica realtà...è poi anche ciò che rimane quando lasciamo il mondo e le nostre opere, ciò che è il lievito del futuro, anzi dell'eterno, di cui ci ha sempre parlato la vera arte.
Noi preferiamo parlare invece di contemporaneo. E' stato detto che oggi si usa questa parola in un modo settario, definendo come contemporaneo solo quello che appartiene a certe tendenze...ma io  non mi riferivo a osservazioni di questo tipo. Il fatto di vedere solo il contemporaneo lo metto in rapporto al fatto di vedere solamente la materia, cioè come un  incredibile impoverimento del senso della vita. Chi sa guardare invece al di là del proprio tempo, perché ha una visione, ha una poetica, crede in una trascendenza e nella vita dell'anima, può collocarsi al di là del presente. Per lui il presente è l'esperienza di un cammino, di un viaggio, di  una testimonianza, mentre, per chi  rifiuta di percepire un orizzonte più vasto, ci sarà  un totale appiattimento. Cent'anni fa il Futurismo ha cercato di guardare al di là del suo tempo, anche se non certo nel senso di una direzione spirituale, ha guardato al di là nel senso di inneggiare alla scienza, alla velocità, all'aggressività, alla violenza, perfino alla distruzione dei musei e delle accademie, e in questo c'era un ardimento baldanzoso che dava vita e speranza ai giovani, che ha generato movimenti di arte, ha suscitato, risvegliato talenti, nuovi modi di esprimersi, però nell'insieme ha esaltato un'idea meccanicista di futuro, un'utopia che diventerà poi razionalista, fascista, comunista, consumista, per sfociare nell'alienazione di oggi. Nel nostro tempo non c'è più alcuno slancio, non ci sono più credenze politiche e religiose condivise ed anche nel campo artistico ci si limita alla ricognizione del presente e delle sue mille trovate, generando così un senso di totale appiattimento.
Parlando di lavoro spirituale può darsi che usi una parola sbagliata..io intendo il lievito che è messo nella materia, che può farla germogliare e dar frutto, ma non voglio ricominciare a parlare di spirito come di qualcosa di astratto. Posso fare l'esempio del progetto dell'Arca del Duomo? Come lo collochiamo, se non in rapporto con un' idealità? Questa idealità da dove nasce? Nasce da un primo orientamento, quello di guardare alla facciata di una chiesa come a un volto che esprime una spiritualità. Non è solo un sentimento religioso ma, anzi, un pensiero vicino alla geometria: la facciata del Duomo si iscrive in un quadrato o losanga, che possiamo immaginare divisa in due triangoli, di cui quello più alto è il coronamento della facciata, e quello inferiore, che è rovesciato, genera appunto l'idea della piramide rovesciata, che è alla base del progetto dell'Arca del Duomo.  La parola “symbolon” in greco vuol dire appunto la metà dell'intero, dell'uno, che è appunto il Tempio, ed è anche in questo senso segreto che l'Arca è un simbolo. Io penso che il senso della vita sia di realizzare se stessi come un tempio, realizzando in noi quell'intero di cui siamo solo la metà.(che è appunto quella di cui parlano i materialisti...)  Nell'atteggiamento devozionale che ci ispira c'è anche il rispetto per il passato,   la memoria dell'antica basilica di Santa Tecla scomparsa e del battistero di fronte al Duomo, in cui S.Ambrogio battezzò S.Agostino. C'è la consapevolezza di un evento storico che, al di là del cammino personale di Agostino, segnò il cruciale passaggio fra due civiltà, così simile a quanto accade nel nostro tempo. Ma c'è anche e soprattutto il bisogno di un'apertura spirituale. Non  ho fatto una piramide come una montagna di pietre, di potere, di denaro, somma di azioni indirizzate a un apice, religioso, politico, economico, ma ho pensato a una piramide rovesciata perché è un simbolo di apertura, che dal centro di noi stessi, dal nostro cuore, si allarga, si allarga, va....verso lo spirito? Tu mi dirai che troverò sempre materia per quanto alto voli, però l'allargarsi è in sé movimento, movimento dell'animo, mi sembra che sia questo l'importante, che permette di andare al di là del presente. Permette anche di fare giustizia di un rispetto esclusivamente formale dei falsi valori del passato, come quelli della brutta piazza attuale, ma non come lo proponevano i futuristi... 

              

Giorgio S.

Tornando appunto al futurismo, ci vedo anche una modulazione del dada, di una serie di rivoluzioni espressive e contestazioni del contemporaneo di allora che hanno scosso la cultura europea e mondiale nei primi decenni del 900. fino ad arrivare a una versione di queste rivoluzioni, anche giovanilistica, neopositivista, che affermava il culto della tecnica, della velocità, della modernità, del contemporaneo, che però prende un'ideologia estremamente caratterizzata, divenendo  l'estetica del fascismo. Anche se poi contiene germi positivi, di rottura,  ma non è l'unica...c'è una sorte di futurismo formalmente simile, con segno opposto, (Maiakoski e altri) in quell'Unione Sovietica che era appena nata e in cui si stava costruendo l'ipotesi di un mondo nuovo  Laddove Marinetti esalta la guerra (“versiamo l'acqua di colonia sulle canne delle mitragliatrici..”, “la guerra è l'igiene del mondo”), dall'altra parte si fa un'operazione formalmente simile ma di segno completamente diverso,  a dimostrare che l’arte è sempre la risposta ai problemi concreti dell’uomo…l'arte è sempre realista… Per non parlare solo di futurismo, ma magari di Durer o di un Vermer, dov'è lo spirito, dov'è il mondo? Lo spirito è lì, il mondo è lì, è l'intensità dello sguardo del creativo, che fa la differenza fra l'artigiano e l'artista, di un bravo scrittore e un  poeta, Che poi metta un surplus di valore o di significato nelle sue cose, può essere, ma questo non sposta il rapporto fra l'arte e il mondo, e la qualifica di arte non dipende da “quella cosa”...

Vittorio M.

tutto questo lo condivido, anche se lo chiamo proprio con il nome di “quella cosa”..... All'inverso, ho ascoltato giorni fa una conferenza di Giorello, che citava Darwin quando affermava che lui sottoscriveva le idee di Platone in ogni punto, solo che voleva sostituire alla parola “anima” la parola “scimmia”. Io non accetto questo. D'accordo su tutto, sulla società, sul talento, su quello che vuoi, ma lasciamelo chiamare spirito, tu chiamalo talento, non cambia nulla alla sostanza  Ci inchineremo tutti davanti a un'arte che sappia esprimere il bello ( bello non nel senso di rispondente a un canone, ma di ciò che è intenso, umano, vero)

Patrizia G.

Forse lo spirito è concreto. Lo spirito si esprime attraverso la vita, l'energia e…anche la fisica quantistica lo dimostra…l'energia...

Giorgio S.

... e lei chiama l'energia spirito? Non vedo il nesso….

Caterina B.

Se penso all'emozione che è suscitata da un’opera d’arte, come può definirla come materia?

Giorgio S.

L’emozione fa parte della realtà delle cose …. Un'emozione si può perfino misurare in termini di quantità di energia elettrica, io non sono un fisico ma...

Roberto P.

mi sembra che un ragionamento che metta in opposizione la materia a un “sensibilismo” non ci porti da nessuna parte ... Non posso definire l'arte che come qualcosa di immateriale, come si fa a dire che l'arte è realista...la raffigurazione sacrale della pittura del 200, 300 con l'aureola dorata è per caso realista? Era dichiaratamente simbolica

Giorgio S.

Ci sono icone artistiche e icone artigianali…(Roberto P. non sto parlando del valore artistico ma dell'affermazione che tutta l'arte sia realista) Voglio dire che tutta l'arte appartiene agli uomini, non è frutto di un intervento divino o trascendentale....quando si parla di spiritualità, è un altro modo per definire, senza riuscirsi, il problema del mondo, della realtà

Vittorio M.

Tutti mi chiedono infatti come si può definire il lavoro spirituale. L'ho già detto: è proprio il lavoro materiale, la stessa cosa, solamente che è urgente che l'uomo abbia consapevolezza che il lavoro materiale non può essere solo diretto a un'attività economica fine a se stessa, al potere, al materialismo, alle varie ideologie, all'espansione sfrenata in ogni campo. Non dico che ci sia un disegno nel mondo ma c'è nella storia, nella vita, nella città, nel cosmo, il senso di un processo che va dai movimenti cosmici  che hanno creato i corpi celesti e la materia, fino al formarsi di tante cose sulla terra, dai regni minerale, vegetale, animale, fino ad arrivare all'uomo ed infine alla consapevolezza con cui l'uomo riconosce di non essere solamente questa materia in evoluzione di cui si parla  ma di tendere attraverso di essa a una ascesa, a una liberazione, chiamatela spirito, idea, idealismo...
Ma, se non vi interessa una visione del mondo, parlatemi almeno di una visione dell'arte. Cosa intendiamo per arte? Dove va l'arte contemporanea?

Carlo G.

La risposta l’hanno quelli che governano l’arte…oggi è artistico quello che così viene chiamato, il sistema sceglie per noi quello che deve essere arte e lo afferma attraverso i canali di comunicazione. Viviamo in un sistema inedito, in cui non c'è più la discriminante della maestria, dell'effettivo valore, ma solo quella del far parte o no di una consorteria. Detta così sembra disperante, invece è ottimo: nessuno ci dice più di mettere un’aureola in un quadro, siamo liberi di fare quello che vogliamo…Sono poi d'accordo con Giorgio che l'arte sia realista, terribilmente realista. In questo contesto, qual'è dunque il lavoro dell'artista? E' non adeguarsi, non fidarsi di ciò che viene conclamato, non tanto perché sia sbagliato, ma perché ci può essere altro.. Ben vengano anche l'apertura, il rovesciamento proposti da Vittorio, anche se non credo allo spiritualismo. Siamo umani.

Patrizia G. 

riprende il discorso sull'apertura di cui è simbolo la piramide rovesciata. “Non fidarti” deve poter dire anche “non fermarti, va oltre!”

Vittorio M.

A proposito di apertura, vorrei raccontarvi una cosa che mi ha colpito. Stanotte ho letto alcune pagine di un libro in cui si parla del crocifisso. Sembra che l'origine di questo simbolo non sia così antica. Si era pensato che ci fosse stata originariamente solo la croce a cui, in seguito, sarebbe stata aggiunta una figura umana., ma si è invece scoperto di recente in antichi documenti  che l'idea iniziale non era la croce ma il gesto di apertura di un Uomo con le braccia alzate...che sono state poi inchiodate!!... non tanto o non solo dai suoi carnefici ma dalla Chiesa, dall'umanità!  Come è triste questo pensiero! Esso mi fa ricordare un mio quadro in cui appunto, senza saperlo, ho rappresentato la crocifissione senza la croce ma con questo gesto delle braccia alzate, che erompe dall'oscurità. E' lo stesso impulso della piramide rovesciata, è il gesto dell'apertura. Ed è anche il lavoro spirituale, di cui siamo apprendisti. Per il momento, il nostro compito è quello di di mettere il seme della comprensione, della consapevolezza, prendendone certo cura cura arando, sarchiando, annaffiando, ma non dipenderà da noi se il seme crescerà, diventerà una pianta meravigliosa e potremo anche noi un giorno aprire le nostre braccia e tutto il nostro essere a una dimensione spirituale, uscendo dall'oscurità.



Vittorio Mazzucconi: Crocifissione 1990


Patrizia G.

Questo gesto mi fa pensare quante cose sono state incapsulate, cristallizzate, mentre erano nate da un impulso di espansione. E' un gesto meraviglioso, mentre il povero Gesù è stato crocifisso!.... E quante cose continuiamo a non capire, mentre si parla di materia e spirito. Si deve comprendere  che c'è un passaggio dall'alto al basso, in cui la materia si realizza, e dal basso all'alto perché, attraverso la materia, lo spirito si realizzi. Due movimenti che hanno la stessa identica valenza e sono inscindibili

Vittorio M.

Trovo molto giusto quello che dice Patrizia...mentre parlava, stavo guardando accanto a lei un altro mio quadro, appoggiato al muro. Non vorrei parlare troppo dei miei quadri ma guardate quanta oscurità, quanta carnalità c'è in questa figura, Giorgio e Carlo non parlavano di concretezza o anche di sesso?  Al di sopra delle figura di donna, c'è però un essere che crea la luce, come l'antico Apollo, e lo fa proprio alzando il braccio di questa creatura oscura, come se dicesse: alzati verso la luce!. Quindi, nessuno nega la realtà della materia, è la nostra realtà, ma va portata a un livello più alto. Non è una questione su cui polemizzare ma, come diceva Patrizia,  è una complementarietà fra ciò che viene dall'alto e ciò che sale dal basso. Sembra così evidente, eppure, in un momento in cui tutto tende ad essere appiattito sul contemporaneo, sul materialismo, sul positivismo, bisogna compiere uno sforzo per accennare almeno alla possibilità di un movimento contrario, datemene atto.

              

Vittorio Mazzucconi: Aurora 1992                                                                  lo stesso gesto dell'Arca delle Nevi

Giorgio S. 

La storia dell'arte mostra effettivamente altri casi di questa dialettica..

Anna S.

Vorrei menzionare anch'io una mia opera in cui il crocifisso è rappresentato con le braccia alzate. Non sapevo quello che mi dice adesso, perché l'ho fatto senza saperlo, è bello che tante cose accadano così, naturalmente.

Vittorio M.
 
Tornando all'arte contemporanea, vediamo cose meno belle. Galimberti ci ha parlato del sistema perverso che si è creato e anche della mancanza di maestria, è la stessa cosa che accade per gli architetti...E' una nuova barbarie come quella che seguì la caduta dell'impero romano, con la differenza però che quella si esprimeva con pietre rozze mentre la nostra lo fa con sofisticatissimi computer. Continuando nel parallelo con quei tempi di drammatico passaggio fra una civiltà e un'altra, penso ai monaci che si ritiravano in un eremo e, mentre gli altri combattevano, si sgozzavano, loro apparentemente non facevano nulla ma tenevano accesa questa fiammella, attraverso la quale è poi passata anche la conservazione della cultura classica...quindi il lavoro spirituale di cui parlo è simile a questo, non si può combattere la realtà di cui abbiamo parlato con i suoi stessi mezzi, ma possiamo solo occuparci di ritrovare, conservare e tramandare qualcosa di prezioso che nel mondo attuale va perduto.

Roberto P.

Io mi chiedo cosa si intende per arte contemporanea...non solo pittura e scultura, ma anche installazioni, di cui vedo una radice nel futurismo, in cui si abbandona l'idea romantica del pittore con il pennello e si comincia a utilizzare oggetti, a creare un'arte sincretica, a inserire delle scritte ecc. ..lavorando così non più sulla materializzazione di un'idea astratta ma sulla composizione degli oggetti del reale, in rottura con tutta l'arte precedente. Mi sembra che, con il Futurismo, si .comincia a capire che l'avvento della tecnologia può modificare il fare arte, così come avviene oggi, in cui  le nuove tecnologie stanno modificando completamente il panorama dell'arte contemporanea.  Quando parliamo di arte, oggi, cosa ci scatta in mente? C'è una differenza fra un'installazione e la contemplazione di un quadro?

Anna S.

Io lavoro con dei fili che possono formare un'installazione ma, quando il loro insieme è un'opera appesa a una parete, è una scultura vera e propria

Roberto P.

volevo dire che la scultura è un oggetto che interrompe lo spazio e rispetto ad esso si pone in maniera autonoma, mentre un'installazione crea uno spazio sistemico che si modifica a seconda di come il fruitore lo attraversa.

Carlo G.

Io non  accetto chi considera arte contemporanea solo questa e non il dipingere...

Giorgio S.

Possiamo dirla in un altro modo? Oggi esiste nell'arte un repertorio tecnico espressivo vastissimo, che può andare dalla fotografia alla fotografia in movimento, all'installazione, all'happening, al corpo stesso dell'artista che si pone teatralmente e fa un evento, pur esistendo ancora la possibilità espressiva della tela, del gesto, delle tecniche più disparate. Oggi l'artista  ha di fronte a sé un repertorio enormemente vasto, ma il sistema dell'arte nega una parte di questo possibile repertorio.  Per esso (le multinazionali dell'arte, il gruppo dei direttori dei grandi musei americani, europei e anzi di tutto il mondo, che non ha più confini) è arte contemporanea solo un gruppo di linguaggi, basta guardare alla Biennale o a Kassel, e questa scelta fa legge, detta la moda.

Roberto P.

Oggi il figurativismo non può essere inteso come arte contemporanea perché c'è già stato, ha avuto il suo periodo classico, il manierista, il post post, quindi ...

Anna S.

chiede che il critico ci parli degli sviluppi dell'arte che hanno portato alla situazione di oggi, menziona Manzoni, l'uso dell'aerografo, varie tecniche che gli artisti usano...

Giorgio S.

la storia dell'arte, che confluisce nel presente, ha dato strumenti straordinari agli artisti: la tradizione, l'astratto, l'astratto geometrico (che non è di ieri, è di ieri l'altro) ma ci pone di fronte a una situazione che non era mai accaduta prima.  Una volta gli artisti vivevano in una comune  attualità ed erano riconosciuti parte di una medesima e diffusa cultura...non c'era un tipo di linguaggio, per es. l'astratto geometrico, che fosse prevalente rispetto a chi faceva ancora del figurativo in termini post-ottocenteschi o post-impressionistici, erano possibilità espressive entro le quali vinceva semmai il talento, anche il talento del mercante ecc.
Oggi un rapporto vivo fra la sensibilità del pubblico e queste vicende non c'è più. Il pubblico subisce passivamente al 99%  le indicazioni culturali che vengono decise altrove, al di fuori di questo rapporto di sensibilità, risposta e addirittura controllo sociale che il pubblico esercita sugli artisti del suo tempo, ma noi siamo costretti a subire le scelte delle grandi organizzazioni artistiche internazionali senza poter intervenire. Chi ci ha mai chiesto di votare.. Non valgono neppure le regole elementari del mondo dello spettacolo, dell'audience ed altre forme di consenso.
Perfino in uno stadio si esercita una funzione di controllo collettivo sulla bravura dei giocatori, mentre essa sembra venir a mancare del tutto per i risultati di certe scelte artistiche.

Seguono altri interventi, in mezzo alla confusione generale. Si continua a ripetere: cos'è  l'arte contemporanea? , a polemizzare contro il sistema dell'arte ecc.

Vittorio M.

Il contemporaneo si è rivelato un vaso di Pandora...io avevo cominciato questo incontro parlando del contemporaneo come di una cosa completamente astratta, a cui si dà tanta enfasi perché probabilmente, nella nostra società, si fa strada il terrore di non avere un futuro. Se non c'è un domani, non rimane che parlare dell'oggi in un modo che diventa sempre più  ossessivo. Contemporaneo mi è sembrato anche sinonimo di un totale appiattimento di valori morali, filosofici, artistici, e della confusione in cui naufragano anche i migliori sforzi. Ci sono moltissimi uomini che hanno talento, che avrebbero talento, pensiamo solo agli artisti del Rinascimento che erano fra la gente e anche nei palazzi del potere, avevano una funzione, c'era un controllo sociale,  i geni potevano farsi riconoscere..., ci saranno anche oggi ma sono sommersi. Siamo di fronte alla  dimensione globale di un appiattimento, di una polverizzazione del mondo, non solo nel campo dell'arte, per cui l'intento che io ritengo urgente  non è tanto di discutere senza fine degli effetti di questo stato di cose ma è di ritrovare un filo conduttore, un orientamento interiore. Siamo uomini, siamo alle prese con esigenze reali, fisiche, alimentari, economiche, tutto quello che volete, e seguiamo molte e contraddittorie direzioni che ci vengono indicate. ...Ma occorre un vero orientamento per un'umanità che corre a perdifiato verso l'esplosione in ogni campo, con problemi giganteschi fra cui il boom demografico, un'umanità che va verso degli esiti catastrofici, per cui l'urgenza in ogni cosa e nell'arte, che sia contemporanea o no, è di ritrovare il filo interiore, conduttore, di guardare dentro di noi.
Dentro di noi c'è però l'anima, non c'è solo un' informazione storica, culturale, o una militanza sociale, c'è un'urgenza di rinnovamento spirituale che deve essere posta alla base di un rinnovamento dell'arte. Il resto è fuori, possiamo discuterne quanto vogliamo, il contemporaneo che è sulla bocca di tutti è il concetto più insulso che ci sia, l'arte deve guardare al perenne, nasce nel contemporaneo, certo, nasce dal fatto che un artista riceve o no una commessa, deve mangiare, deve pensare ai suoi figli, produrre ecc. ma guarda al perenne.
Questo era lo scopo dell'arte che è giunta a noi....guardate, che so, le statue dell'antico Egitto, guardate le opere di Michelangelo, guardate le opere di Giotto, guardate ad altri artisti più recenti, all'arte moderna, guardate a un Van Googh, isolato nel suo tempo, che in un girasole vedeva l'universo intero, questi sono i valori reali dell'arte, come mai oggi sono perduti? Come mai oggi tanti artisti vengono schiacciati, manipolati... E' solo perché il sistema dell'arte ufficiale non permette loro di emergere? O è perché è in atto un processo di incredibile complessità e trasformazione dell'umanità? E' con esso che bisogna convivere, condividendolo, trasformandolo dall'interno come fa un lievito, come fa un seme che cresce, lavorando così per un mondo migliore e per la sua arte. E' questo il lavoro spirituale, ma chiamatelo come volete: l'importante è farlo.

Carlo G.

Grazie Vittorio per aver detto che l'arte deve guardare al perenne e non all'effimero!


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