BACK HOMEPAGE ARCHITETTURA PITTURA FILOSOFIA FONDAZIONE

C.1.1.2

il Lavoro Spirituale
il Manifesto


Indice IL LAVORO SPIRITUALE

 
Che il mondo sia in una situazione di crisi epocale è sotto gli occhi di tutti. Non parlo solo della crisi economica ma dei sommovimenti in ogni campo e in ogni luogo che ci spingono verso un grande cambiamento. Talvolta sembra che il passaggio verso un nuovo mondo possa avvenire attraverso una ordinata evoluzione, tal'altra invece esso si fa strada in modo violento e distruttivo, ma la realtà è comunque quella di una trasformazione che si avvia a divenire radicale ed esplosiva.
Qual’è la posizione della cultura e dell’arte di fronte a una situazione così drammatica?
Da una parte ci sono gli indubbi progressi della scienza e di una visione razionale del mondo, portatori di una cultura crescente, diffusa e approfondita come non lo è mai stata nella storia. Dall'altra, la scienza stessa e la tecnologia portano anche a un tale sviluppo della produzione e dei consumi che, al di là della creazione di benessere che ne deriva, esso sfocia in un materialismo dilagante, nell’appiattimento dei valori, nella distruzione dell'ambiente, senza parlare dell'emergenza di mille altri fattori di squilibrio e conflitto.
Assistiamo d'altro canto a una nuova attenzione per le nostre radici, a livello sia storico che psicologico e religioso, come a un movimento opposto e complementare a quello delle tendenze dominanti. Ad esso si accompagna una crescente consapevolezza dei valori morali, sociali, ambientali, in cui la razionalità e l'amore per l'uomo e la natura, talvolta anche per un Dio che si comincia a ritrovare, possono unirsi, in modo da bilanciare il delirio ideologico, tecnologico e materialista della nostra epoca.
Occorre quindi unirsi a questi sviluppi, cercando di conseguire una conoscenza più ampia e comprensiva di quella della sola scienza, con uno sforzo di umanità, di integrazione fra ragione e sentimento, fra civiltà e natura, in modo che da questa unione possa nascere un mondo migliore.
Dobbiamo guardare in primo luogo in noi stessi, in cui risiede evidentemente la radice del problema, e dopo, armati di una nuova consapevolezza, calarci nella città, luogo e concentrato della società, del mondo, per trasformarla. Nella città, tutte le attività umane lasciano la loro impronta, che oggi è purtroppo violenta, caotica e distruttiva, ma non ci attarderemo alle solite denunce, che aggravano spesso i problemi con l'aridità del loro approccio, per ricercare invece una vera linea di pensiero che sappia restituircene la bellezza e l'umanità.
Nella città dobbiamo costruire le nostre case e ci occuperemo quindi anche di architettura, a cui il nostro tempo offre enormi possibilità. Non è però materia per i soli addetti ai lavori, perché condividiamo tutti la possibilità di ammirarne i risultati migliori ma anche il disagio di vivere nelle gabbie create da astrazioni teoriche, da una tecnologia fine a se stessa, dal potere, dal mercato, in cui troppo spesso l'uomo è imprigionato.
Ci occuperemo poi dell'arte, una gran parte della quale recepisce e addirittura esalta gli aspetti deteriori del
tempo in cui viviamo, mentre sembra chiusa alle aperture verso un mondo migliore che esso porta in sé e ad ogni ideale e speranza. L'arte è in uno stato di confusione, in cui si rielaborano vecchie e stanche idee, nella cronaca auto-referenziale delle sue varie tendenze, deviazioni e perversioni, perdendosi in una comunicazione fine a se stessa e nell’asservimento al mercato. E dire che la missione dell’arte dovrebbe essere e lo è stata nel passato, quella di rivelare ciò che in noi è vero, bello e elevato al punto da potersi chiamare divino!
Ma l'umano e il divino si sono così oscurati, che l'uomo di oggi sembra essersi smarrito in questa oscurità.
Nella confusione, nell'incertezza, si dà un'incredibile enfasi all'idea di “contemporaneo”, che potrebbe anche far sorridere della sua effimera illusorietà, se non fosse che essa tradisce qualcosa di drammatico: l'ansia per un futuro che non sembra esserci più. Nell'attesa dell'apocalisse, si vive solo nel presente e, per passare il tempo, ci si diverte, si gioca. Una gran parte dell'arte contemporanea, la moda, la pubblicità, i consumi-giocattolo non sono forse questo? Una gran parte dell'architettura non concorre forse a intristire la nostra vita in città disumane?
E la filosofia, è fedele al suo antico significato di amore della saggezza, quindi del giusto, del vero e del bello, o si perde e ci perde nel labirinto ideologico e materialista di un intelletto staccato dal cuore dell'uomo?
E la religione infine, che dovrebbe vedere e realizzare Dio nell'uomo, e quindi religere, riunire i dolorosi e dispersi frammenti del mondo e di noi stessi in una divina unità, riesce a parlare ancora al nostro cuore e alla nostra mente?
E' quindi tempo di meditare su tutto questo. Oltre tutto la tempesta degli ultimi eventi dovrebbe farci capire che sta finendo il tempo dei giuochi e che nel labirinto siamo ormai faccia a faccia con il Minotauro. Dovremo cercare un orientamento che ci guidi, salvandoci dalla catastrofe, e lo troveremo in noi stessi e nel lavoro, ognuno nel proprio campo. Lavorando nei limiti del nostro, ci sforzeremo di riferirci però sempre alla centralità dell'uomo, che in questo e in ogni altro campo va conosciuto ed espresso.
L'UOMO, ecco il vero ideale, cioè quello di una nuova e profonda comprensione di noi stessi, della natura, del divino, alla cui armonia ritrovata ispirare l'arte, la filosofia, la vita, il modo di pensare la città e lo sviluppo del mondo.
Se è questo il lavoro umano, perché chiamarlo IL LAVORO SPIRITUALE? Perché pensiamo appunto all’uomo non solo come a una realtà ma come a un ideale. esortandolo a guardare a un nucleo perenne, come a una ispirazione, un modello da realizzare attraverso la nostra consapevolezza e la nostra fatica, collaborando così al meraviglioso lavoro dello Spirito.
Invito quindi a questo impegno tutti gli uomini di intelletto e di cuore che ne condividono il senso e, idealmente, non solo quelli di oggi, ma anche gli uomini di ieri che ci hanno lasciato le loro grandi opere, e soprattutto gli uomini di domani, a cui va tutta la nostra speranza.


Vittorio Mazzucconi, 21 marzo 2009