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C.1.2.7


Indice ARTE E PSICHE


 

Dibattito - Incontro n° 13

Roberto P.
Vittorio, hai detto che questo (Il Lavoro Spirituale) è il quadro terminale della prima fase. Io vorrei farti una domanda sulla totale differente cromaticità di questo quadro rispetto a quelli precedenti, nei quali notavo molto rosso, molto giallo, del verde: ora improvvisamente spunta il blu, l’azzurro,. Allora, volevo chiederti se tu hai riflettuto su questa cosa, se in qualche modo ti sei dato una risposta sulla scelta dei colori, sulla cromaticità di questi quadri e del perché quindi consideri quel quadro un momento di svolta, di superamento della soglia.

Vittorio M.
Se ne possono dare diverse spiegazioni. Non vorrei parlare della mia pittura da un punto di vista autobiografico, ma sta di fatto che il giallo, l’ocra, il rosa, erano colori di una vita diciamo “normale”, avevo una famiglia, una visione equilibrata, ero molto preso dall’architettura, da una visione razionale ecc. C’è però qualcosa di sotterraneo nel frattempo che si prepara e si annuncia - non vi ho fatto vedere proprio tutti i quadri in questa sequenza - ma diciamo che c’è stato proprio un salto, che si annuncia proprio con l’azzurro. Ecco, è una cosa alla quale non ho mai pensato, ma da questo momento in poi tutti i miei quadri saranno in questa tonalità. L’azzurro è il colore spirituale per eccellenza, è il colore del cielo, del mare, quindi dell'inconscio, mentre i quadri precedenti erano più ispirati alla terra perché vivevo un’esperienza legata ad essa: la mia famiglia, la mia compagna, la mia professione, erano la terra. Ad un certo momento, è accaduto qualcosa che mi ha messo in periglio. L'incontro con l’eros ha portato anche una crisi familiare, ed è questo rischio, questo periglio che mi hanno spinto a cominciare un cammino, che tutti noi dovremmo fare, se vogliamo incontrare la nostra ombra e quindi anche la nostra luce. Trovo una benedizione che, nel momento in cui è apparsa l’ombra, nella figura oscura che vedi nel quadro, si presenti contemporaneamente anche la luce nella forma dell'angelo, e che ambedue le forme siano immerse nell'azzurro.

Elisa M.
Io ho una domanda sulla realizzazione dell'opera. Come riesce a trasmettere, a realizzare..il rapporto fra la mano, il colore, il tratto? E' un mistero, o fa parte del genio dell'artista...

Vittorio M.
E' difficile da capire esattamente come la mano che disegna, scrive o suona possa trasmettere quello che il cervello detta, ma la cosa più complessa, un vero mistero, è un'altra. Il cervello è uno strumento che trasmette impulsi, immagini alla mano, ma da dove vengono le immagini? Vengono da associazioni cerebrali, vengono dall'inconscio? Che cos'è l'inconscio? E' la profondità dell'essere...guardando il mare, la sua superficie illuminata dal sole è come la vita, ma la profondità del mare è un'altra dimensione e ci è sconosciuta, come ci è sconosciuto il fondo inconscio del nostro essere. A me è accaduto di pescare in questo mare, ogni volta sorpreso io stesso di ciò che emergeva. Lo stesso accade nei sogni, in cui c'è un regista interiore che accede a un magazzino in cui c'è un sacco di immagini, di simboli, di ricordi, e anche di episodi della giornata, li prende e li collega istantaneamente con un profondo significato che noi non conosciamo e che viene da altrove. Così un colore, una linea vengono cooptati per significare qualcosa che io non conosco, che l'uomo non conosce ...

Elisa M.
...è come una visione che sente la necessità di realizzare.. .

Vittorio M.
Più che una visione è una pulsione. Una visione è già qualcosa di chiaro e intellettuale, ma io parlo di un emergere, di qualcosa che viene fuori spontaneamente dall'oscurità. Ora, quello che accade e ne abbiamo parlato nel discorso sull'ombra e sulla luce, è che sono due forze che si bilanciano, ma non hanno la stessa valenza. Il cielo è essenzialmente luminoso, anche se ci può essere qualche nuvola che oscura il sole, ma non è una realtà perenne, è un fatto passeggero. Io penso che l'ombra sia un fatto temporaneo e che vada trasformata in luce. non viceversa se possibile. Quindi queste pulsioni che vengono dall'inconscio ubbidiscono a una legge, quella di essere portate a livello di coscienza, a livello di consapevolezza. Questo però non va troppo razionalizzato, perché il ragionamento può uccidere la forza vitale che viene dal profondo.

Silverio G.
Lei ha parlato di mistero che, secondo me, ha a che fare con una dimensione iniziatica, nel senso che c'è un bisogno da parte dell'individuo di un profondo significato, di una vera autenticità. In questo rapporto con il profondo, con l'inconscio, è necessario avere almeno una volta un contatto con una verità iniziatica. Non si può spiegare questo razionalmente, però il contatto avviene dove, come, quando vuole, si può avvertirlo razionalmente solo in un secondo momento. Quindi alla domanda che poneva Elisa lei aveva risposto con una parola: "mistero". Il tema della dualità, un tema dominante in tutti i suoli quadri, è la condizione umana ed è importante farne emergere il significato in modo sempre più consapevole, però io non sottovaluterei l'importanza, come lei diceva prima, di non intellettualizzarlo...

Vittorio M.
Assolutamente! La luce deve rischiarare quello che abbiamo visto di oscuro ma non deve essere una luce così forte da inaridirlo, l'oscurità è anche quello che nutre la linfa vitale. Venendo a quello che diceva prima, è difficile parlare del mistero poiché non sappiamo appunto che cos'è, ma mi interessa l'aspetto iniziatico che lei ha menzionato. Io penso che ci può essere un'iniziazione spontanea se, nella vita, accadono delle circostanze, dei dolori, dei passaggi cruciali che portano a una pre-iniziazione, quella che una volta era invece conferita con particolari riti, attraverso i misteri, in modo occulto e misterioso. Ma l'iniziazione, a ben guardare, è la scintilla, la nascita che permette a un organismo o a un'opera di prendere inizio e svilupparsi. L'iniziazione è un dono, non ci si arriva con lo studio. Una delle forze che, a mio avviso, può attivare questo dono, se non la forza in assoluto, è l'eros. Se si guarda a quello che dice la Chiesa, è tutt'altro discorso: essa ritiene che la sola iniziazione sia la "rivelazione" ed è tutt'altro che disposta a riconoscere che l'eros è il fondamento della vita. Si pensa molto al dolore, alla crocifissione, a Gesù, alla sua missione, è un discorso tutto basato sull'idea di peccato. Mentre oggi, è molto più moderno, più vivo, più reale pensare all'eros come alla vera forza della vita. Quando un uomo si innamora di una donna, è incredibile quello che può fare. Basta pensare a Dante, cosa ha potuto fare per Beatrice, ha costruito un universo, una cosmologia. L'amore attiva moltissimo lo sviluppo dell'anima, ne è una vera iniziazione.

Elisa M.
Si, è vero che la Chiesa si fonda molto sul peccato, sulla crocifissione ecc, ma lo fa però anche su un altro lato che è la grazia, che non mi sembra aver nulla in comune con l'eros.

Kendal K.
ma l'amore è la grazie più pura

Vittorio M.
La grazia in senso cattolico non ha certamente niente in comune con l'eros, ma non dimentichiamo che Eros è un dio e che, quando la sua freccia scocca e colpisce, compie l'iniziazione all'amore, e l'amore è un dono. Quello che si chiama grazia in un modo confessionale è in realtà il dono dell'amore.. Lo si vede anche nei quadri in cui una santa in estasi mistica è come fosse ferita nel cuore dall'amore, da Dio. Innamorarsi, potersi immergere nell'inconscio, poterne trarre frutti di vita, è un dono di Dio, una grazia, una iniziazione, tre parole per dire una cosa sola.

Pat Sophie G.
Si crea un vuoto, nel quale ti ricongiungi con il Sé. E' un canale attraverso cui ti arriva la grazia. Vorrei poi dire che, secondo gli antichi, l'iniziazione consisteva nel riportare la persona consapevole al bambino interiore.

Vittorio M.
...come in una nuova nascita. Abbiamo parlato molto del vuoto nel precedente seminario. Adesso vorrei mettere in evidenza in esso il tema dell'ascolto. Prima Elisa mi chiedeva come nascevano i segni, i colori di un quadro. Ecco, deve esserci una situazione di vuoto, di verginità interiore, in cui capti qualcosa. Questo è molto importante, perché altrimenti ci sarebbe una volontà razionale - io voglio fare questo, voglio fare quest'altro - assolutamente il contrario dell'intuizione. Quando si crea il vuoto, in esso si affaccia colui che io chiamo il Testimone, il protagonista, che ci guida in ogni parola, in ogni azione. Un giorno lo vedremo in modo cosciente come il Sé, come il Cristo, ma molto prima, anche in un bambino, è lui che ne muove i primi passi. Voi conoscete la Gita, il meraviglioso libro della saggezza indiana, in cui Krihsna dice: io sono tutto in tutto, sono la bellezza in una bella donna, sono il vigore in un soldato, sono la sapienza nel sapiente, il profumo nel fiore ecc. ed anche le nostre azioni sono sue, se accogliamo in noi il vuoto, che a poco a poco si riempie, non di troppi ragionamenti però ma di vera linfa vitale

Alberto F.
Nel discorso che hai fatto, ci sono tanti elementi che sono entrati, tu hai cioè evocato diversi temi... la caverna, la zona d'ombra, il dualismo...la caverna vuol dire che si vive la vita come un'illusione perché la realtà sembra essere altrove. La psicanalisi lavora molto sulla zona d'ombra, come so per esperienza personale fatta con il mio psicanalista, che rilevava la mia difficoltà ad esprimermi ed altre ombre, non negative in sé, ma che comunque portano sofferenza, fatica e richiedono un lavoro per uscirne. Tu dici che la soluzione, ovvero un movimento che va verso la soluzione, si produce quando entra l'eros. Già è difficile che l'eros entri nella caverna, entrerà una forma torbida di eros...

Vittorio M.
non è che entri nella caverna, ti sbatte letteralmente dentro la caverna

Alberto F.
Elisa parlava invece di grazia...ma vorrei adesso raccontare un'interpretazione (non ricordo bene di chi) del mito di Prometeo. Egli era stato incatenato su una montagna e condannato a farsi rodere il fegato dai corvi perché aveva osato rubare il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini. Se l'intento di Prometeo era di alleviare così la sofferenza degli uomini, l'interpretazione dice però che lo strumento di tale intento, il vero dono, non era tanto il fuoco quanto la "speranza cieca"

Kendal K.
Perché cieca? Non ha forse portato il fuoco? Come può il fuoco essere simbolo della cecità?

Vittorio M.
voleva forse dire che si è ciechi, ma che il fuoco può illuminarci

Alberto F.
Secondo me voleva dire che il destino degli uomini è segnato, vanno incontro alla morte. Per sopravvivere, diamo loro una speranza di immortalità. E' questa un'illusione, oppure la speranza di lasciare qualcosa di se, come nel caso dei poeti o di altri grandi uomini che hanno conquistato l'immortalità? Quindi la nostra speranza è cieca perché non possiamo sfuggire al nostro destino se non conquistando l'immortalità?

Vittorio M.
Come base, siamo in una situazione che, come abbiamo detto, è una caverna - siamo tutti d'accordo?- e che speriamo di poterne uscire...Una speranza che non è razionalmente fondata, certi la chiamano rivelazione, grazia, cammino spirituale ma non si tratta comunque di una speranza documentata, in questo senso possiamo chiamarla cieca. Quanto all'eros, io penso che sia la forza che ci s'imprigiona dentro la caverna. Nella forma in cui noi lo viviamo, nell'amore, ognuno di noi è libero di farne l'esperienza nel modo più piacevole, gratificante, facendo conquiste, facendo sesso. Quando incontra l'amore, viene però attanagliato dalla necessità: il rapporto con un'altra persona è molto impegnativo: il metter su famiglia, il provvedere a una prole che è il compito più grande che ci sia, l'affrontare mille difficoltà, il lottare nel rapporto di coppia, entrare domani in collisione anche con i propri figli, essere lasciati dalla moglie o dal marito...tutto questo è la realtà della vita, che nasce proprio perché l'eros ci ha messo dentro, ci ha incastrato. Nello stesso tempo l'eros è il propulsore che ci può far uscire dalla caverna, che ce ne dà la forza, come si vede nei grandi poeti in cui l'amore li ha portati a idealizzare la donna amata e a sognarla come una Beatrice che ti porta ai livelli più alti del Paradiso. In termini più moderni e con l'aiuto della psicanalisi, l'amore è riconosciuto come la forza che può far incontrare all'uomo il piacere, il dolore, l'infelicità, perfino una sublimazione spirituale, insomma tutta la gamma delle emozioni umane, e questo lo si può simboleggiare con il fuoco, è la stessa cosa. Tu eri partito col dire che ci sono diversi aspetti, noi non possiamo riunirli in uno solo; però, nel senso di un orientamento generale possiamo dire: siamo in una caverna ed è proprio la stessa forza che ci avvince a questo destino che ce ne può liberare.

Silverio G.
Ma l'eros è inteso come amore divino oppure come una sessualità compiuta? Tenga presente che Dante era un iniziato e, come tale, non dipendeva dalle catene dell'amore. Quindi Beatrice potrebbe bene rappresentare l'amore per Dio.

Vittorio M.
L'eros è ambedue le cose. Poniamo come postulato che noi viviamo in un mondo di dualità, e che il comandamento che dobbiamo seguire è quello di superare tale dualità, ritornando a un'unità originaria. Per fare questo, dobbiamo cercare di ricongiungerci ad ogni livello: nascendo in una vita fisica, che comporta l'unione fra materia e spirito, fra corpo e anima e, nella vita, ricongiungendo il maschile e il femminile, amandoci, cercando appunto di divenire uno. Continuando in questo processo, aspireremo all'unità con Dio. Sarà l'amore per Dio che ci spingerà a desiderare questa unità, così come, a un livello più basso, sarà l'amore per l'altro sesso a spingerci all'unione dell'amore terreno. Ma mi sembra che ad ambedue questi livelli, come pure su tutti gli altri piani dell'amicizia, della solidarietà, della comprensione, dell'amore per la natura ecc. si tratti dello stesso amore, che è quindi la forza più grande che muove l'universo, come Dante che lei cita sapeva molto bene.

Silverio G.
C'è però una cosa che lei non esplicita in modo chiaro: l'ascesi spirituale è un esercizi, l'uomo deve esservi accompagnato.

Vttorio M.
Certo che occorre impegnarsi nell'esercizio. Il mio modo di farlo è stato attraverso la pittura, ma ci possono essere altri esercizi, l'ascesi, lo yoga, la meditazione ecc. Che uno debba esservi accompagnato è da interpretare in un certo senso, non necessariamente da un guru o da un altro maestro, ma piuttosto da quel "maestro interiore", che è quello che si fa sentire nel vuoto...C'è in noi un maestro interiore, il vero maestro che, dalla mano del bambino alla mano del grande artista o del mistico, ci guida, ma non nel senso che noi siamo dei soggetti passivi. E' la nostra parte più bella che guida quella meno sviluppata. C'è un rapporto di auto-formazione.

Pat Sophie G.
Tornando a Prometeo, si può dire che il suo gesto di donare il fuoco all'uomo fu troppo anticipato e di questo fu punito. L'uomo doveva percorrere tutte le fasi necessarie per scendere e trascendere e doveva farlo da solo. Prometeo rappresenta questo violento aiuto, non necessario perché non produce il ricongiungimento che l'uomo deve però operare da solo, scegliendo magari chi può aiutarlo, sentendo di dove può ricevere l'aiuto Prometeo ha voluto forzare il processo, facendo la stessa cosa degli angeli decaduti, tentando di dare in anticipo all'uomo quello che l'uomo doveva conquistare da solo, attraverso la sofferenza e l'esperienza, al fine di ritornare all'unità originaria.

......molte voci che chiedono cosa significhi il ritornare...

Vittorio M.
Stiamo parlando di un ritorno, che fa parte del ritmo dell'universo. Se la creazione è stata un movimento dall'unità alla dualità e anzi all'infinita molteplicità dei fenomeni, è necessario il movimento contrario dalla molteplicità all'unità originaria che, in questo senso, è quindi un ritorno.

Pat Sophie G.
Lo si vede bene in questo quadro (L'Aurora Interiore) che è un simbolo incredibile.

Vittorio M.
Questa , lo dico per chi è arrivato da poco, è una specie di antologica che però non si vede, sarebbero centinaia i quadri, ma si parla solo di quelli che mostrano i sentimenti e i pensieri fondanti di quello che diciamo sulla vicenda dell'anima. Questo quadro non appartiene al periodo iniziale che abbiamo visto prima, ma è stato scelto come icona dell'insieme del Seminario. Esso è oltre l'ombra perché mostra che all'interno dell'anima nasce l'aurora, un'aurora interiore. Quello che vorrei che voi vedeste è che ci sono due braccia, ma uno solo appartiene alla figura, mentre l'altro viene da un'altra dimensione, dall'infinito e si protende fino ad avvolgere l'anima e a congiungersi con lei nel contatto fra le due mani. E' proprio quello che dicevamo prima: nel nostro lavoro siamo aiutati, accompagnati. L'aspetto umano viene così integrato con quello divino.

Silverio G.
E' molto bello. Quel bianco sul seno ha poi un significato particolare...

Vittorio M.
E' il significato della vita. Lo puoi ritrovare in moltissimi altri quadri. Ve ne mostro uno (........) che mostra come, dal seno della donna, nasce la spirale della vita. Essa appare all'interno di un triangolo rovesciato, simbolo di apertura, quindi di nascita, che ritroveremo trent'anni più tardi nel progetto dell'Arca del Duomo.

Gerardo P.
Posso chiederti una cosa..come mai hai scomposto questo quadro (I Misteri dell'amore 1990) in sei pannelli, disposti diversamente da come erano all'origine?

Vittorio M.
Ci sono due aspetti. Il primo è che, quando uno vede una cosa scomposta, istintivamente cerca di ricomporla mentalmente, compiendo così un movimento, entrando in un rapporto interattivo col quadro. L'ho fatto anche nell'architettura con la facciata dell'Avenue Matignon a Parigi C'è però anche un altro intento, non razionale, che ha portato in una posizione centrale una figura che prima non lo era, che è la figura del testimone di cui parlavamo prima. Immagina un'umanità che vive le sue passioni, è una scena di carnalità, di abbracci amorosi mentre, nel centro, c'è invece una figura spirituale che non partecipa

Gerardo P.
...non parla, ma è un angelo? Ha le ali!

Vittorio M.
Chiamalo pure un angelo ma è un testimone, il Sé, è la nostra vera natura, che guarda alle nostre forme fisiche, alle nostre vite come ad altrettante forme passeggere. Noi abbiamo delle infinite vite, ma il Testimone è eterno. L;e nostre passioni sono dei piccoli errori, dei giochi di apprendimento, ma la saggezza appartiene al nostro nucleo divino. In qualche modo, il quadro può rappresentare questo, cioè la centralità del divino rispetto alla casualità delle vite apparenti.

Kendal K.
Una cosa che mi ha molto colpito in questi argomenti - io sono molto famigliare con le conoscenze che sono alla loro base - è il senso del ciclico, che mi dà speranza. E' poi molto bello che, invece della ruota del samsara che ci imprigiona in una ripetizione, tu parli di un ciclo che è in realtà come una spirale che ci permette quindi di evolvere. Purtroppo, personalmente mi accadono molti eventi iniziatici, nella mia vita evolvo, faccio delle scoperte, ma poi, incredibilmente, accade qualcosa che fa cadere il mio mondo, perdo tutto, sono desolata. Nonostante tutti gli strumenti metodologici che ho, e gli eventi a cui ho partecipato e con cui dovrei già essere realizzata, mi ritrovo nella caverna. Bisogna comunque avere la pazienza, la fiducia di credere che c'è un ciclo, un processo di crescita, ma non come lo intendiamo noi. Per esempio, nel tuo percorso di pittura, hai trovato un segnale costante, come un monitoraggio, di questo sviluppo personale dell'anima che hai manifestato nei quadri. L'anima ha ispirato i quadri e i quadri hanno aiutato l'anima a crescere.
Volevo dire: Elisa, che è un ingegnere, è venuta qui per arricchire la sua esperienza, ha fatto delle domande ma io mi chiedo come può, un ingegnere, aprire la sua anima come fai tu con i tuoi quadri? Io ne posso capire l'ispirazione anche perché, come attrice, sono sempre pronta alla creatività, a sentire la vicinanza del divino, mentre per un ingegnere o anche per altri che fanno un lavoro pratico nella vita di tutti i giorni, come è possibile sentire la stessa apertura che tu mostri in modo esemplare nei tuoi quadri? Siamo tutti qui per imparare, per arricchire la nostra esperienza. Se però non abbiamo davanti a noi una tela bianca per riscoprire il mondo, cosa possiamo fare, come possiamo cominciare il lavoro?

Vittorio M.
Prima di rispondere, vorrei dire che l'intervento di Kendal è stato bellissimo, e le dico grazie di cuore. Per ciò che riguarda l'ingegnere, vorrei dire qualcosina da una professione a lei vicina, come architetto, cioè che lo stesso impulso che porta a esprimersi su una tela bianca dovrebbe esprimersi anche in un progetto. Dico "dovrebbe" perché non è sempre così, per me lo è ma per altri no, che siano ingegneri o architetti. All'ingegnere è richiesta una competenza specifica su problemi tecnici, strutturali, che sono solo una parte della visione generale dell'opera. Un progetto ha non solo degli aspetti tecnici ma altri che esprimono il cammino dell'anima come la pittura. Nel quadro ci può essere un momento di ispirazione mentre in un progetto bisogna applicarsi per anni in un contesto molto complesso di conoscenze tecniche, economiche, giuridiche ecc. Però, qualunque cosa uno faccia, l'orientamento deve essere sempre quello, e uno deve trovarlo sia coltivando un ideale, una fede, una visione, ma anche soprattutto trovando una corrispondenza fra l'esterno e l'orientamento interno. Il sole non è solo in cielo, è anche nel nostro cuore. Mentre un ingegnere fa un calcolo di una struttura, è qualcosa che gli può sembrare molto distante da ciò che stiamo dicendo ma, in realtà, non lo è. Il mondo reale, fenomenico, io sono convinto che è un mondo spirituale, che però si realizza attraverso dei processi fisici, chimici, proprio quelli di cui l'ingegnere acquisisce una conoscenza. Pensiamo poi alla geometria...

Silverio G.
Platone dice che senza la scienza della geometria...

Vittorio M.
La geometria è un universo. ...Il mondo fisico non è certo antitetico al mondo spirituale ma, come gli ingegneri costruiscono le macchine, così fa la creazione: la creazione è una straordinaria opera di ingegneria. Nel nostro piccolo, con cui in fondo la imitiamo, bisogna costruire anche quello che sembra solamente tecnico con un orientamento spirituale. Questo orientamento non è mica un mettersi a pregare quando si costruisce un motore, è un orientamento di verità, di aderenza alle leggi della natura che sono anche quelle dello spirito; tutto si lega, la fisica e la matematica sono cose spirituali. Se io fossi un ingegnere non cercherei, diciamo, un nutrimento spirituale in qualche altra pratica o conoscenza, ma lo cercherei proprio lì, nel mio lavoro, nel mio reale impegno, come chiunque deve farlo, in ogni campo

Elisa M.
...cercare un'espressione di se stessi..

Vittorio M.
Si, però questo se stesso bisogna filtrarlo. "Se stesso" può essere anche un'ambizione intellettuale o di successo o di una qualsiasi infatuazione, dell'ombra insomma, ma se invece per "se stesso" intendi il Sé superiore che un po' alla volta si fa luce in te, allora è un'altra cosa.

Pat Sophie G.
Gli alfabeti dicono molto su questo tutto, come ci mostra in particolare l'alfabeto ebraico in particolare, che rappresenta tutto, sia in senso spirituale che in senso geometrico. In realtà vedi le forme perfette, ne capisci il significato, capti l'anima, vedi un disegno che non è un disegno, leggi una scrittura che non è una scrittura, ma hai una percezione del tutto. Adesso lo capiamo di più grazie al contributo della fisica quantistica che finalmente ci mette in contatto con le intuizioni delle filosofie più antiche. Chiunque cerca oggi nella materialità quel punto di inizio in cui si manifesta lo spirito. Effettivamente, se siamo qui riuniti, persone diverse, diversamente strutturate, e stiamo parlando di queste cose nel nostro Seminario, è perché qualche cosa ci sta facendo sentire il tutto, è una benedizione.

Silverio G.
Se mi è consentito, la prima lettera della bibbia è la lettera Bet, che è il simbolo del contenitore, della casa, in cui (guardando il quadro) bisogna trovare quella capacità espressiva che ognuno di noi ha ma bisogna trovare la leva...La seconda lettera è Yod, la perfezione (del Nome, dell'Uno). Ci sono dei devoti che rappresentano queste lettere e i loro suoni in atti ben precisi, attraverso un esercizio spirituale.

Pat Sophie G.
Sono altrettanto precisi, di una geometria perfetta anche i movimenti con cui si muovono gli animali, anche i più piccoli, è quanto di più poetico ci sia, così come è perfetto un fiocco di neve. Sapete che anche le nostre parole possono creare delle forme nell'acqua? Sono anch'esse delle forme perfette, geometriche.

Kendal K.
Io volevo invece parlare ancora dell'ombra, del dolore, che è un invito per la nostra crescita. Affrontare il dolore, la nostra ombra, è un'opportunità, non una piaga, non una punizione, fa semplicemente parte del ciclo, in cui bisogna affrontare l'ombra, e lo facciamo. Incontriamo poi la luce e così cresciamo in uno sviluppo ciclico, che mi da tanto ottimismo

Vittorio M.
La speranza cieca di cui parlava Alberto non è cieca quando uno si rende conto di questo. Un altro caso di cecità, anche quando uno si rende conto del ciclo, è nel credere come faceva Nietszke che esso sia sempre uguale e ripetuto all'infinito, mentre è così vero e bello di concepirlo, come ha ben capito Kendal, come una spirale. Questa è la speranza di una visione, che nasce nell'ascolto dell'armonia del mondo.

Elvira S.
Io volevo parlare del quadro che ci hai fatto vedere prima, che è anche il logo della Fondazione. Se non ho memorizzato male il tuo percorso, in tutte le tue opere c'è una circolarità, una ricerca del centro, di una perfezione, c'è anche questo tema della nascita e appare infine quello della separazione, perché nel quadro di cui parlo ci sono due figure. Si guardano e sono contrapposte una all'altra. La separazione ci fa vedere l'ombra ma anche l'altro, l'alterità. Ci fa incontrare l'eros. La cosa sconvolgente, in tutti i miti che hai citato, è il tema della visione. Nel momento in cui tu riesci a vedere l'altro e sposti il tuo punto di vista, lì paghi qualcosa. Proserpina paga amaramente, va negli Inferi e lì incontra Ade....

Vittorio M.
Perdonami ma stiamo facendo un po' di confusione, ma mi interessa quello che dici sulla visione. Nel primo mito di cui abbiamo parlato, è Orfeo che va negli Inferi alla ricerca di Euridice e la perde solo perché si volta a guardarla. Nel secondo, Proserpina deve accettare di vivere negli Inferi dove, almeno per metà del tempo, non può vedere la luce, e infine, nel terzo, Psiche perde Eros quando, accendendo la lampada, può vederlo.
Come tu cogli, tutte e tre pagano amaramente l'audacia della visione. Perché? Forse perché la speranza deve rimanere cieca, come diceva Alberto? Perché un velo, uno schermo che ci impedisce di vedere la verità fa parte della condizione umana e non può essere tolto? Non è poi vero che, nel mio quadro, le due figure si guardino. L'angelo non ha neppure gli occhi, né tanto meno li ha l'essere oscuro, che invece di un volto ha una cavità nera. Il quadro non mostra il rapporto con l'altro, ma quello con se stesso, e neppure ci fa vedere Eros, che apparirà solo in una fase seguente.
Come avevo detto all'inizio, nei miei primi quadri si legge un senso di armonia, di unità, anche se in contrapposizione a una negatività che sembra appartenere però al mondo esterno, come prospettiva di distruzione. Con il quadro di cui tu parli, questa armonia, più intellettuale che vera, viene spezzata e si provoca la separazione fra luce e ombra. Non è ancora l'eros che rovescia tutto come una tempesta e mi scaglia nella caverna, ma ne è l'annuncio. Con l'ombra che diventa a un tratto reale, in me e davanti a me, si avvia a scomparire la serena geometria dei miei pensieri, per quanto ancora presente in questo quadro, ed emergono invece le pulsioni oscure. Abbiamo capito questo processo ma viverlo non è così semplice. In un momento di felicità, possiamo credere di stare uscendo dalla caverna, e ci ritroviamo invece a un tratto nel più profondo dell'oscurità interiore. D'altra parte, è in questa alternanza, di speranza e dolore, che funziona il motore del mondo, di cui l'eros è il propellente, e lo fa conducendoci di ciclo in ciclo, come in un continuo esercizio. Fin dove? Fin dove la spirale ci conduce e, poiché essa si espande all'infinito....


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